Il tesoro londinese di Massimo Carminati

“Ce sta il segreto bancario micidiale, perché gli inglesi so’ paraculi, davanti dicono una cosa ma dietro…”.
Siamo a Giugno del 2013, a pronunciare queste parole è Massimo Carminati, colui il quale rappresenterebbe il vertice della mafia romana ( per lui, appena qualche giorno fa, i Pm del processo a Mafia Capitale hanno richiesto 28 anni di reclusione).
Al momento del suo arresto, a Dicembre 2014, secondo gli investigatori Er Cecato progettava di fuggire proprio alla volta di Londra.
Già, perché quello tra Massimo Carminati e la capitale inglese è un lungo quanto proficuo rapporto che affonda le proprie radici nella preferenza che un’ampia fetta di neofascisti degli anni Settanta accordano a Londra.
Molti di essi, infatti, all’indomani della Strage di Bologna, scelgono di abbandonare l’Italia e di rifugiarsi Oltremanica.
Secondo i dati forniti dall’Interpol di 19 attivista del Nar fuggiti in Inghilterra tra il 1981 ed il 1982, 17 sono diventati residenti permanenti in Gran Bretagna.
Ma cos’è che attira tanto i fascisti nostrani in terra inglese?
Tra i primi ad arrivare in Inghilterra, nella primavera del 1981, c’è Roberto Fiore, all’epoca vertice del movimento di estrema destra Terza Posizione, che a Londra giunge a seguito di un mandato di cattura emesso dalla Procura di Bologna qualche settimana dopo lo Strage del 2 Agosto.
A Londra Fiore stringe rapporti con gruppi di estrema destra come la League of Saint George, riuscendo a creare una rete di relazioni che garantisce aiuti e tutele ai neofascisti in fuga dall’Italia. Questa rete che connette fascisti da una parte all’altra della Manica rappresenta certamente un propulsore per la scelta di molti. L’elemento determinante diventa poi il tipo di regime fiscale vigente in Gran Bretagna dove, dal 1914, una norma stabilisce che gli stranieri residenti ma non domiciliati non siano tenuti a versare alcuna imposta sui redditi percepiti a livello mondiale ma solo su quelli percepiti in terra britannica. Ecco qui che la City londinese si trasforma in un vero e proprio “rifugio fiscale” per uomini d’affari ed investitori ma anche per molti detentori di patrimoni illeciti ( la NCA, agenzia contro il crimine organizzato nel Regno Unito, calcola tra i 36 ed i 90 miliardi di sterline l’ammontare del denaro riciclato annualmente in Gran Bretagna, la maggior parte del quale passa attraverso Londra).
Massimo Carminati, secondo quanto recentemente ricostruito da L’Espresso, ben conosce entrambe queste opportunità e le sfrutta. A Londra i suoi agganci sono Vittorio Spadavecchia e Stefano Tiraboschi, entrambi ex fascisti, entrambi arrivati a Londra ad inizio degli anni Ottanta, entrambi ricercati dalla Polizia italiana. Nella Capitale inglese arrivano senza un soldo in tasca, entrambi riescono in poco tempo ad accumulare un patrimonio tra società che si occupano di affittare immobili e ristoranti. In Italia, nonostante i numerosi richiami, non sono mai rientrati. Nessuno dei due risulta essere indagato per Mafia Capitale ma, come emerso da numerose intercettazioni, sono le figure cardine degli affari londinesi di Carminati.
Come racconta il collaboratore Roberto Grilli al Pm Giuseppe Cascini : “ è normale che hai più feeling con un vecchio camerata […] sono tutta gente cresciuta in quell’ambiente e questi rapporti rimangono e negli anni se devi chiedere un favore, una cosa, è facile che hai rispondenze quando c’hai un appoggio di questo tipo”.
Er Nero queste rispondenze le ha e vola spesso a Londra per pianificare investimenti con gli altri due. A Londra porta anche Fabrizio Franco Testa , la “testa di ponte dell’organizzazione (Mafia Capitale) nel settore politico e istituzionale”, come lo definiscono i magistrati che si stanno occupando del processo. Testa vuole investire nella ristorazione, Carminati gli presenta Spadavecchia e pare, nonostante le smentite di Testa, tenti di coinvolgere anche il figlio Andrea nell’affare. Sempre a Londra, nel 2013, Er Cecato conclude un affare immobiliare, “ A Notting Hill il primo piano l’ho comprato io, molto bella”.
Ma Londra è innanzitutto la via di accesso per alcuni dei maggiori paradisi fiscali mondiali come le Isole Vergini e le Isole Cayman. Emblematico il caso della Società Gifin Italia Srl, aperta a Roma nel 1998 da Sergio Carminati, fratello di Massimo, passata l’anno successivo nelle mani dell’omonima Gifin UK Ltd a sua volta controllata da due scatole cinesi una dislocata nelle Isole Vergini Britanniche, l’altra a Panama. Un meccanismo di scatole societarie che ha indotto la Procura di Roma a sospettare che dietro vi si celi un’attività di riciclaggio.
E mentre a Roma la requisitoria dei Pm del processo a Mafia Capitale si conclude con una richiesta complessiva di 515 anni di carcere per i 46 imputati ( le pene maggiori richieste sono 28 anni per Carminati e 26 anni per Buzzi), a Londra, o chissà in quale isola, il tesoro di Massimo Carminati sopravvive protetto “da un complicato meccanismo di scatole societarie e dalla segretezza che tutela la finanza internazionale”.

di Martina Annibaldi

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