Il corpo di Mauro De Mauro giaceva in fondo ad un pozzo e con lui i “segreti di Stato”

Mauro De Mauro era un giornalista pugliese, emigrato in Sicilia, che si occupò, con la professionalità e dovizia che solo il dovere di cronaca pretende, del caso giusto (o sbagliato, dipende dai punti di vista). E pagò caro il suo scrupoloso lavoro.

Nacque a Foggia, classe 1921 e molto giovane aderì al Fascismo. Nessuno vuole sentir dire che un ottimo giornalista, vittima della violenza di Cosa Nostra, era un fervente fascista. Ma nel caso di De Mauro si tratta di un dato innegabile: aderì con convinzione al PNF, combatté la seconda guerra mondiale come volontario e con la moglie Elda, anche lei sostenitrice del regime, fuggirono dal carcere di Coltano insieme alle figlie. In seguito De Mauro fu accusato di essere coinvolto nell’eccidio delle Fosse Ardeatine: venne tuttavia prosciolto in Cassazione “con formula piena”, nel 1949.

Chiusa la parentesi guerra, De Mauro si trasferì a Palermo con la sua famiglia: iniziò qui a lavorare per Il Tempo di Sicilia, Il Mattino di Sicilia e L’Ora. Di tutti i settori che ciascuna redazione gli metteva a disposizione, De Mauro scelse la cronaca e si scoprì anche un bravo giornalista.

Il 27 ottobre 1962 un aereo esplode in volo: a bordo, tra le vittime, c’è Enrico Mattei, l’uomo che ha saputo edificare l’impero Eni, che ha dato vita al cane a sei zampe Agip. Un episodio misterioso che, a distanza di anni, sembra intrecciarsi con il “golpe Borghese”, un tentativo di colpo di stato del 1970, organizzato da Junio Valerio Borghese, con cui De Mauro aveva condiviso la X° Flottiglia ai tempi della guerra. Ma quando il giornalista pugliese viene avvisato della morte di Mattei ancora non c’è spazio per le ipotesi ed è tutto da scrivere. De Mauro si arma di taccuino e parte.

C’è azione, c’è intrigo, c’è forse del complottismo: un piatto perfetto per un giornalista di cronaca. De Mauro si occuperà in due fasi di questo mistero tutto italiano: una prima volta subito dopo l’accaduto, nel 1962, e poi ancora nel 1970, su richiesta di Francesco Rosi, regista de “Il caso Mattei”. Su L’Ora, il giornale per cui De Mauro era cronista, il 23 e il 24 gennaio 1962 venne pubblicato un verbale della polizia risalente al 1937 in cui Melchiorre Allegra, medico del Regio esercito e affiliato di Cosa Nostra, descriveva dettagliatamente l’organizzazione mafiosa.

Tommaso Buscetta, “il boss dei due mondi”, nel 1985 dichiarò davanti Falcone e Borsellino che in seguito a quella pubblicazione “De Mauro era un cadavere che camminava”.

La sera del 16 settembre 1970 De Mauro stava tornando a casa: si era fermato a comprare delle vettovaglie e sotto il portone aveva incontrato sua figlia. Magari la casa era in fermento, c’erano le ultime cose da prendere per il matrimonio di Franca, la maggiore, che un paio di giorni dopo sarebbe convolata a nozze e invece fu l’ultima a vedere Mauro. La ragazza entrò per prima nell’androne del palazzo e non vedendo arrivare il padre uscì di nuovo: vide il giornalista circondato da altri uomini, che urlavano “amunì”.

Il corpo di De Mauro non è mai stato trovato: del caso se ne occupò approfonditamente il generale Della Chiesa, ucciso anche lui dalla mafia nel 1982. Il principale imputato del processo fu Salvatore Riina, per cui il 22 aprile del 2011 fu chiesto l’ergastolo, per poi essere assolto il 10 giugno dello stesso anno per “incompletezza della prova”: sentenza questa poi confermata anche in Cassazione.

Sempre nel 2011, il pentito Rosario Naimo, ritenuto “l’alter ego di Riina in America”, raccontò che quella sera De Mauro fu portato a fondo Patti, dove ad attendere il giornalista c’era Totò Riina: De Mauro fu ucciso subito e venne gettato in un pozzo, fatto pulire un paio di anni dopo l’omicidio. Quanto al resto confessato da Naimo, sappiamo solo che è coperto da segreto istruttorio: probabilmente De Mauro avrebbe scoperto di cosa si trattava.

di Irene Tirnero

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