La mafia è il primo problema del paese. Rimettiamo i mafiosi dentro

La mafia è il primo problema del paese.
Rimettiamo i mafiosi dentro.

Il mese di maggio storicamente è il mese in cui si ricordano i martiri uccisi dalla mafia da Gennaro Musella a Peppino Impastato a via dei Georgofili a Giovanni Falcone e Francesca Morvillo e tanti altri tra cui la loro scorta.

Oggi sembra che nella lotta alla mafia siamo tornati indietro di 30 anni.

Abbiamo avuto la delegittimazione del movimento antimafia, il 41bis ridimensionato, la messa in discussione delle interdittive prefettizie e dello scioglimento dei comuni.

Un utilizzo sempre più diffuso da parte dei pro-mafia del mascariamento per colpire chi combatte.

Tra l’altro la mafia si sta rafforzando nel periodo covid fornendo liquidità, soccorso alimentare ed acquistando tutto ciò che è possibile come nel periodo post 89 nei paesi dell’est.

Oltre a questo si assiste da qualche mese dopo la rivolta delle carceri, alla scarcerazione di centinaia di boss mafiosi.

Tale scarcerazione rende forti i boss nel loro territorio e simbolicamente è un segnale nefasto per lo Stato.

I boss devono tornare tutti dentro. Si trovi un modo che chiarisca definitivamente che i boss mafiosi in base all’art. 4bis dell’ordinamento penitenziario, semmai ne avessero bisogno, vanno curati dentro la sanità carceraria che è in grado di farlo con dei centri d’eccellenza.

In tal senso controlleremo che il nuovo decreto raggiunga gli obiettivi prefissati.

Ora che il Dap è ben guidato dalla coppia Petralia-Tartaglia ed è stata emessa una circolare Dap diversa si evitino altre scarcerazioni nell’immediato futuro.

Si approfondisca la questione della mancata nomina di Di Matteo nel 2018 dopo che i boss mafiosi dimostrarono tutta la loro preoccupazione.

Si verifichi l’esistenza di un nesso tra le rivolte carcerarie e le scarcerazioni.

Si verifichi se in questa situazione complicata non vi siano stati dei cedimenti da parte di apparati dello Stato che han portato a qualche trattativa di sorta.

Si faccia il tutto celermente sennò i nostri morti di maggio si rivolteranno nella tomba. 

Salvatore Calleri e Giuseppe Antoci 
presidenti della Fondazione Caponnetto