Stalking giudiziario : utilizzo degenerato dello strumento giudiziario a fini vessatori.

Lo stalking giudiziario si presenta quale peculiare versione del più comune e classico reato di atti persecutori, previsto e punito dall’articolo 612 bis nel 2009 (DL n. 11 del 23 febbraio 2009 convertito nella L. 38/2009). Si concretizza nella proposizione di reiterate denunce ed esposti senza fondamento, strumentalizzando la macchina della giustizia allo scopo, ovviamente, di perseguitare e danneggiare senza tregua la vittima presa di mira.

Si verifica in pochi casi, ad ogni modo è una realtà che è bene conoscere, per riuscire ad identificarla e difendersi adeguatamente.

Lo stalker può perseguitare la vittima in modo accanito e spietato anche nelle aule dei Tribunali, tramite azioni civili, penali o amministrative reiterate nel tempo. Lo fa per i più svariati motivi: perversione mentale, vendetta, odio, invidia, rivalità, interessi economici o altri profitti. Lo stalker giudiziario può perseguitare una donna, un vicino di casa, un familiare, ma anche un collega, per gli scopi suddetti, provocando nella vittima un perenne stato di ansia ed allerta e conseguentemente determinando un drammatico cambiamento e peggioramento delle proprie abitudini di vita, così da portarla all’esaurimento psicofisico.  Il fine è proprio quello di ingenerare nel torturato una condizione perenne di angoscia e prostrazione da passare ogni giorno della sua vita nella speranza che tra la posta non gli venga recapitata anche una missiva contenente atti giudiziari.

Nello stalking in ambito giudiziario il carnefice si traveste da vittima.

Il dettaglio peggiore è la natura perversa e vigliacca dello stalker che, nel perseguitare a livello giudiziario una persona, si descrive falsamente e formalmente come vittima, presentando denunce contro la “vera” parte offesa. Accusa la vera vittima dei più svariati reati al solo scopo di arrecarle una pluralità di danni differenti: psicologico, di immagine e giudiziario.

Lo stalking giudiziario può creare nella vittima non soltanto umiliazione ma un ulteriore senso di paura, timore di non essere creduta, di perdere il posto di lavoro ed il controllo della propria vita. È un estremo e perverso atto di vigliaccheria da parte del persecutore: usa contro la vittima la normativa che serve, in realtà, a colpire proprio il comportamento di cui lo stalker accusa la sua preda.

Per prefigurarsi, il reato di stalking giudiziario necessita di alcune condizioni, tra queste l’infondatezza e la pretestuosità dell’azione legale promossa. Ad esso collegata è la strumentalità dell’azione, chiesta non per avere giustizia e tutela di un diritto, bensì finalizzata a nuocere la serenità del convenuto o del denunciato, nell’assoluto interesse deliberato (e doloso) di arrecare danno e disagio. Il disegno criminoso dovrà attuarsi, nella sua esplicazione modale, attraverso una condotta farcita di falsità, calunnia, mania di persecuzione, godimento nel vedere la sofferenza altrui e comportamenti spregiudicati a danno della vittima, creando un senso di ansia e disperazione del soggetto stalkerizzato (consapevole, fra l’altro, della grave ingiustizia in atto).Il tutto assumendo a “noleggio” la macchina giudiziaria!

Queste azioni, corredate da ricorsi, esposti denunce e querele destituite di fondamento devono essere, inoltre, reiterate. Quanto alla richiesta reiterazione nel tempo, non è necessario che un fatto si sia verificato innumerevoli volte, infatti, la Suprema Corte di Cassazione sottolinea come siano sufficienti anche due soli atti o condotte moleste. Detto ciò risulta evidente che, per trattarsi di stalking giudiziario vi devono essere delle iniziative intraprese in modo funzionale ed artatamente preordinato a molestare e vessare la vittima e tale caratteristica emerge proprio dall’infondatezza delle stesse. In caso contrario si tratterebbe di azioni giudiziarie legittime.

Conoscendo questo fenomeno, le indagini della polizia giudiziaria, in caso di denuncia per stalking, mirano anche ad esaminare l’eventualità di stalking giudiziario, subdolo e contorto. Tanto il giudice quanto le forze dell’ordine sanno perfettamente che la calunnia può rappresentare una manifestazione estrema del comportamento persecutorio.

Il ribaltamento di ruolo (carnefice travestito da vittima che trascina in Tribunale la vera parte offesa) implica anche un danno economico per via dei costi che il soggetto leso è costretto a sostenere per difendersi, in quanto le accuse, sia pur infondate incardinano una serie di procedimenti che dal punto di vista economico non hanno una rilevanza neutra. In questo senso lo stalking giudiziario non può non rilevare quale grave forma di violenza economica. Trascinare in Tribunale ripetutamente una persona costa. Lo stalker potrebbe avere soldi o non averne affatto e risultare nullatenente. Nel secondo caso, il suo compiacimento si amplifica: se perde le cause, non potrà mai risarcire la vittima, non disponendo di beni aggredibili e risultando infruttuosa una eventuale esecuzione forzata nei di lui confronti. L’unico obiettivo dello stalker è pressare psicologicamente la sua vittima, provocarle stress, sfinirla economicamente, annientarla.

Quanto alle sanzioni edittali, le pene previste per lo stalking giudiziario sono quelle indicate dall’art. 612 bis del codice penale, ovvero la reclusione da un anno a sei anni e sei mesi. In realtà sono in molti, però, a ritenere che il reato dovrebbe essere punito più severamente, considerando che il soggetto agente strumentalizzala legge e la giustizia utilizzando la calunnia, delitto previsto e punito dall’ art. 368 C.p. per un tornaconto personale; genera un dispendio di tempo alla giustizia; fa gravare lo Stato di spese inutili per procedimenti senza fondamento; espone la vittima a spese legali e processuali, danni psicologici ed economici, di immagine. Inoltre, tutto ciò aumenta inutilmente il carico processuale, inondando di cause un settore già provato ed intasando futilmente le aule dei Palazzi di Giustizia. Anche le conseguenze economiche per la vittima non sono indifferenti, costringendolo anche a cospicue spese per sostenere in giudizio le proprie tesi difensive. Analogamente dicasi per lo Stato, costringendolo a spese ultronee, tra cui altresì un utilizzo non idoneo delle Forze dell’Ordine.

E’ importante evidenziare questa subdola ma invasiva forma di vessazione di cui raramente si coglie traccia nei media, poiché rappresenta un fenomeno molto latente, insomma una forma di illegalità perpetrata attraverso una finta domanda di legalità, tuttavia pericoloso, a livello di salute psichica e fisica, per chi lo subisce. E’ inammissibile e va impedito il più possibile, perché potrebbe colpire chiunque, costituendo, inoltre, un inutile costo sociale per il nostro Paese.

Il deficit di informazione non produce una riduzione del fenomeno in sé, per cui è opportuno parlarne, spiegarlo ai più che non ne hanno consapevolezza e che rappresentano prossime vittime potenziali, acché possano riconoscere al contempo la natura persecutoria nonché potenzialmente integrante l’ipotesi di reato analizzata ed approntare le opportune ed efficaci strategie difensive.

Avv. Antonella Virgilio