Giù le mani dalla festa della Liberazione!

In un periodo in cui la parola “emergenza” sembra essere insita in ogni discorso, potrebbe non sembrare opportuno parlare della Festa Della Liberazione; invece, a causa dell’uso improprio che in questo clima se ne sta facendo, è importante fare le giuste distinzioni.
Il 25 aprile si festeggia la Liberazione dal Nazifascismo, non la libertà generica (come vorrebbe il sen. Renzi), né una pretestuosa scampagnata siciliana in pseudo chiave antimafia (come provò l’allora ministro Salvini), né la fine di tutte le guerre, inclusa quella in atto contro la pandemia (come vorrebbe l’on. La Russa). Questo giorno non può essere stravolto per comodi fini elettorali ed ideologici, perché è il simbolo del riscatto del popolo italiano contro la dittatura, contro l’invasione, contro un potere che di fronte al pericolo era scappato, lasciandolo in balia di se stesso. E, parimenti, non si può pretendere di trasformarlo in altra cosa, con la scusa che sia “divisivo”, perché a ben guardare quel lontano 1945, allora il paese era decisamente diviso in tutto. Infatti c’erano: un governo del Re d’Italia con Badoglio, che combatteva al seguito degli angloamericani, da sud; lo stato fantoccio della Repubblica Sociale Italiana di Mussolini, che combatteva a fianco degli ex alleati tedeschi (divenuti invasori), da nord; diversi piccoli territori liberi, presidiati da volontari autonomi, contro l’invasore (gruppi di italiani, aggregati in formazioni più o meno organizzate, che provavano a riscattare il proprio paese, senza legarsi a truppe straniere).

Al 25 aprile, il pese era già diviso, allo sbando e soli quei volontari ne avevano realmente a cuore le sorti: combattevano per salvarne la dignità, assieme alle case, ai monumenti, alle fabbriche e, più di tutto, per salvare quello stesso popolo di cui facevano parte. Mancante di una sua unità territoriale, di un’unica guida politica, all’Italia non restava che il Comitato di Liberazione Nazionale (…), per riscattare la propria dignità di popolo. Il CLN era composto di uomini di provenienze politiche e di storie personali assai diverse, che misero da parte le proprie divisioni interne, per fare fronte comune, senza attendere che la guerra finisse e senza assoggettarsi a nessuno straniero.

Quindi, pur traendo origine da un momento di forti divisioni, la Liberazione, è stato un momento di ricomposizione delle differenze (e quindi tutt’altro che divisivo). E se dopo la Liberazione sono avvenuti eccidi e violenze anche da parte di quegli uomini volenterosi, pur condannandoli senza se e senza ma, bisogna comunque ricordare le violenze di tutto un ventennio e quelle avvenute prima di quella insurrezione, ben più terribili, da parte dei tedeschi e dei repubblichini, che avevano lasciato un’indelebile traccia negli animi di molti: ci furono tanti episodi di vendette personali, ma non furono atti sistematici, sennò avremmo contato milioni di morti, che per fortuna non ci furono. E poi, visti i numerosi eccidi da loro perpetrati (terribile lista, assai lunga…), è probabile che in caso di vittoria dei nazifascisti avremmo avuto di molto peggio (e quindi, anche in questo la Liberazione non è una ricorrenza divisiva). Forse il principale limite della Resistenza fu che della sua memoria se ne appropriò praticamente solo una parte (la sinistra), anche perché pochi esponenti delle altre parti politiche, amavano fregiarsi di quel moto d’orgoglio, carico comunque anche di tanta violenza. Però, va ricordato che le brigate partigiane erano di molti tipi e con idee politiche molto differenti tra loro. Infatti, oltre ai Comunisti e ai Socialisti (circa un terzo), c’erano anche gli Azionisti, i Popolari e perfino i Monarchici: tutte forze che si sarebbero unite per dar vita ad un nuovo paese, attraverso l’Assemblea Costituente (ed in questo, la resistenza fu un’esperienza tutt’altro che divisiva).

E, se il difetto del 25 aprile è di non potere accomunare vincitori e vinti di allora, a tutti quei parlamentari che pretestualmente usano questo argomento per cercare di stravolgere questa ricorrenza, c’è da ricordare che se invece avessimo dovuto festeggiare la vittoria della dittatura nazifascista, difficilmente avremmo potuto avere politici e cittadini, liberi di contestarne la relativa festa (ultima dimostrazione che il 25 aprile non è divisivo).

Lasciamo stare la Festa Della Liberazione così com’è, pur se sembra esagerata ed enfatica, pur se taluno ne disprezzi i valori. Quando anche l’ultimo di “quei ragazzi” che invece d’imboscarsi ed attendere la fine della guerra, preferirono rischiare la vita ed impegnarsi per cambiare le cose non ci sarà più, facciamo sì che la Festa della Liberazione ricordi il sacrificio di una generazione che invece di pensare a se stessa, pensò a quelli che sarebbero venuti dopo, pensò a noi. E se qualcuno teme che questa festa risulti “troppo rossa”, se teme che così com’è possa apparire “divisiva”, invece di restare chiusi in casa a criticarla, provino a sfilare coi colori anche delle altre brigate, per ricordare che anche allora il nemico si sconfisse tutti assieme: il 25 aprile non è divisivo, proprio perché nel 1945 tutte le opposizioni si unirono in un fronte comune e salvarono il paese.

di Mario Guido Faloci