Il traffico e la demagogia
“È la terza e più grave di queste piaghe che veramente diffama la Sicilia e in patticolare Palemmo agli occhi de’ mondo… hee… lei ha già capito, è inutile che io glielo dica… mi veggogno a dillo… è il traffico!”.
Così Benigni fa parlare un avvocato amico dei mafiosi nel film Johnny Stecchino.
Anche il nuovo governo ha indicato alcune piaghe che rovinano la nostra Italia: l’insicurezza percepita daicittadini e l’immigrazione clandestina. Perciò, ci dice, è necessario modificare la legge sulla legittima difesa: la mafia già trema al pensiero. E, ovviamente, bloccare le navi che trasportano gli immigrati: che vadano a Malta, o in Spagna! È certamente il modo migliore di frenare la fuga dei cervelli e ridurre lo spread.
Si sa (sono dati del Ministero degli Interni, quello di Salvini), che rispetto agli altri Paesi europei, l’Italia occupa uno degli ultimi posti per numero di reati violenti. Si sa anche che la legittima difesa è riconosciuta dalla legge. Nessuno osa negarlo, ma in compenso si dichiara che “l’insicurezza percepita” è molto alta. I reati di mafia (quelli con e senza sangue, fatti con la lupara e il tritolo o l’intimidazione e la corruzione), quelli sì che pesano sulla nostra vita. Ma sono così poco importanti, che il nostro premier non se li ricorda molto bene; anche se hanno colpito un “congiunto” del Presidente della Repubblica. Certo, se ci fosse stata una legge più larga sulla legittima difesa, Piersanti, Peppino, Giovanni e tanti altri, magari, sarebbero ancora vivi.
Anche il numero degli immigrati in Italia non è più alto che altrove: secondo l’ISTAT sono l’8,3% della popolazione (al gennaio 2017), mentre in Germania sono il 9,3%, in Spagna il 9,6%, in UK l’8,4%, in Irlanda il 12,4%, negli USA il 13%.
Già questi numeri relativizzano il problema: se l’Italia fa parte del G8 (quindi è un paese, nonostante tutto, piuttosto ricco), è inevitabile che attragga immigrazione da paesi più poveri. Solo un provinciale incallito può pensare che il problema dell’immigrazione non ci riguardi.
In compenso, sono 4.973.942 gli italiani stabilmente residenti all’estero (dati ufficiali 2017), senza contare quelli provvisoriamente all’estero, soprattutto tra i giovani: il saldo tra emigrati italiani e immigrati stranieri è davvero incredibilmente esiguo.
Ma poi, guardando i numeri, si scopre che la maggioranza degli immigrati in Italia fa parte della comunità europea (1.168.552 rumeni al 2016); un altro congruo numero proviene da altri paesi europei non comunitari (818.422 da Ucraina, Albania e Moldova) o da paesi lontani come Filippine e Cina (448.431), India e Bangladesh (273.858). Ma questi non vengono, per loro fortuna, con i barconi.
Gli immigrati irregolari sono in realtà circa 491.000 (dati pubblicati recentemente da Il Sole 24 Ore, che certo non è sospettabile di volerli sminuire): non è un numero che non si possa gestire, senza bisogno di agitare lo spauracchio dell’invasione. Senza prendersela con Mimmo Lucano, che non è uno zero, ma tra i 50 uomini più influenti del mondo, secondo la rivista Fortune.
A proposito, ho riletto l’elenco: Salvini non c’era; neanche Di Maio; neanche Conte.
Anzi, si dovrebbe adottare il “metodo Lucano” a livello nazionale. Perché gli immigrati hanno fatto rinascere paesi, come Riace, che stavano morendo, svuotati dalla nostraemigrazione.
Ma la politica è sempre strabica e il problema più grave è il traffico.
Ed è un traffico che miete molte vittime.
Dalla tragedia di Lampedusa dell’ottobre 2013 – un naufragio che costò la vita a 360 persone – i migranti morti nel Mediterraneo sono stati oltre 15.000. Nei primi quattro mesi di quest’anno, nonostante la drastica riduzione degli sbarchi, 619 migranti sono morti nel Mediterraneo, con un netto aumento della percentuale dei dispersi rispetto agli sbarchi: dal 2,4% del 2017 al 4% del 2018. Certo, sarebbe proprio ora che questa pacchia finisse.
Ed è per questo che le navi delle ONG pattugliano il mediterraneo. Ce ne siamo dimenticati?
Ma la politica è strabica, anche fuori dal nostro confine. Macron ha definito la linea del governo “cinica”; Attal addirittura “vomitevole”. E i respingimenti tra Ventimiglia e Mentone, o nel gelo dei passi alpini? E le donne incinte tirate giù dal treno? E le sanzioni della stessa magistratura francese (tribunale di Nizza, il 22 aprile scorso) per il respingimento dei minori? E già, anche loro hanno i loro problemi elettorali, con la Le Pen che plaude a Salvini.
Ma le parole sono importanti, soprattutto quelle dei politici, e bisogna usarle con la dovuta prudenza. Anche in altri ambiti: per esempio, lo spread è salito (anzi, è più che raddoppiato) in pochi giorni, non per una crisi economica, ma per le parole di alcuni esponenti politici. È poi sceso un pochettino (a 236 punti base, mentre scrivo) per le parole di un ministro, il Professor Tria, che ha fatto dichiarazioni più rassicuranti.
Purtroppo, un aumento di 100 punti base, se stabile, ci costa 1,8 miliardi di interessi per il primo anno, 4,5 miliardi nel secondo e 6,6 miliardi nel 2020 (calcoli del Sole 24Ore, sovrapponibili anche a quelli di altri esperti). Costi che paghiamotuttinoi, non gli idioti che hanno parlato a ruota libera. I quali, comunque, si troveranno increscente difficoltà per finanziare le misure fiscali e di sostegno al reddito volute dal cosiddetto “contratto di governo”. Perché è chiaro anche a un ignorante come me che qualunque aumento del deficit porterà ad ulteriori aumenti di spread, che farà aumentare ulteriormente il deficit, che farà aumentare ancora lo spread, in un inevitabile e micidiale circolo vizioso. Ed è inutile prendersela con l’euro o con l’Europa; battere i pugni sul tavolo è inutile, dopo essersi inguaiati con le proprie mani.
Forse per questo la politica del governo ha alzato tanta canizza contro gli sbarchi dei migranti: serve un bel polverone per nasconderele loro cazzate (scusate il termine, ma non riesco a trovarne un altro adeguato).
Ma in politica tutto si tiene ed è difficile che il populismo (o, come si diceva una volta, la demagogia) non danneggi l’economia, come danneggia l’etica di un popolo. Un esempio attuale è quello di Erdogan. In Turchia l’inflazione è cresciuta dieci volte più che in area euro; le aziende straniere sono fuggite via; il nazionalismo (prima i turchi?) divora risorse economiche per far guerra ai curdi. Apparentemente, sembra una situazione molto diversa dalla nostra; ma non dimentichiamoci che la valuta turca si chiama lira.
di Cesare Pirozzi