Il mio telefonino è emigrato a Agbogbloschie, in Ghana, dove lo attendeva il mio frigorifero?

Scegliamo un giorno, oggi, e, per un attimo sforziamoci di sentire il respiro del nostro pianeta. Potrebbe somigliare ad un attacco d’asma, piuttosto che a un respiro libero e profondo. L’aria presente nelle nostre città è inquinata, ma tutti ci muoviamo per le strade, nel nostro quotidiano senza farci molto caso. Il fatto che qualcosa entri nei nostri polmoni permettendoci la vita, rassicura la nostra mente, mette a tacere i nostri cuori.

E il mondo nel frattempo si sta trasformando in una discarica che galleggia nello spazio.

Esistono località nel mondo, di solito in località lontane dalla vista di chi, forse, si ribellerebbe, in cui confluiscono tutti gli scarti inquinanti, plastica, computer, telefonia, tutto ciò che è passato di moda, tecnologicamente superato. La spazzatura elettronica sparisce dopo il suo utilizzo, fagocitata, interrata, bruciata.

Una di queste località è Agbogbloschie, nel Ghana.

In una zona non lontana dalla capitale, Accra, in un territorio su cui vivono decine di migliaia di persone, nazioni di tutto il mondo spostano la loro e-waste, in modo non sempre corretto, senza minimamente curarsi del fatto che, tale travaso di lordume, comporta uno smaltimento senza regole, con livelli locali altissimi di inquinamento, con alte colonne di fumo nero di residui plastici che riempiono il cielo.

Con l’egoistica illusione che tutto ciò non riguardi l’intera popolazione del pianeta.

I rifiuti vengono smaltiti da persone, a volte minorenni, che lavorano in condizioni di totale insicurezza per la salute. Lavorano per recuperare oro, rame, alluminio, dalle tonnellate di pezzi elettronici buttati nella discarica. Lavorano in mezzo a fumi tossici che contengono veleni come diossina, mercurio, piombo e inalano quest’aria avvelenata senza nemmeno una misera maschera. Si può solo ipotizzare il giro immenso di soldi che può ruotare intorno a questo mondo. Soldi che, ovviamente, non finiranno mai nelle tasche di chi rischia la propria salute per misere paghe.

Di recente il governo Ghanese ha cominciato, anzi, a comprendere il rilievo che una discarica come quella di Agblogbloshie, può rivestire economicamente per il proprio paese. E’ nata così l’intenzione di trasformare in legale e regolato quanto, sino ad oggi, è stato fatto senza il rispetto di alcuna norma. Forse uno dei siti più inquinati potrebbe cominciare ad essere maggiormente curato, ma un demonietto cattivo fa pensare che chi non vuole spendere, obbedire a regolamenti, potrebbe anche scegliere di dirigersi altrove.

Agblogbloshie non è purtroppo l’unico luogo, inquinato ma è sicuramente un posto in cui si muovono, giorno dopo giorno, in uno scenario degno del più terrificante film di fantascienza, uomini e donne, spesso giovanissimi, scavando tra carcasse di pc, lavatrici, frigoriferi, telefoni, dormendo in capanne costruite con i rottami, dove non esistono, servizi sanitari, immersi in un acre fume che spesso, percorre, le vie di questa città di spazzatura.

Terreni inquinati, falde acquifere avvelenate, malattie dell’apparato respiratorio in aumento, prospettive di vita che non possono certamente interessare. Sembra un inferno destinato ad espandersi, in cui la gente lotta per la sopravvivenza.

Territori e persone che muoiono, tra l’indifferenza di troppi, in un incubo moderno.

di Patrizia Vindigni

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