Zhou Xiaoxuan: l’eroina del Me Too cinese. In Cina sta per aprirsi il primo processo per molestie sessuali.

A volte, leggiamo storie solo all’apparenza molto lontane dai racconti delle donne italiane. Cambia la cultura radicata in un certo paese ma, come spesso avviene, le vittime sono sempre le donne, che devono fare salti mortali per vedere riconosciuti diritti talvolta esistenti ma non praticati, talvolta neanche contemplati dalla legge. Perché il retaggio di certe culture tipicamente maschiliste supera i tempi e calpesta la dignità umana.
Se in Cina sta per aprirsi il primo processo per abusi sessuali, una parte del merito va al movimento MeToo e a Zhou Xiaoxuan, una ragazza di 26 anni.
Le sue parole non possono lasciarci indifferenti: “In un certo senso non ho avuto scelta, ma sono felice di aprire la strada. Per quattro anni ho agito come tutte le donne del mio paese. In Cina le donne vittime di molestie non denunciano, cosa sia “molestia” la legge neppure lo dice. Anche io, dunque, mi ero fatta convincere a lasciar cadere l’episodio, dalle pressioni della polizia, di chi mi stava attorno. Ero solo una stagista alle prime armi contro uno dei presentatori tv più amati del Paese: ci si può solo rimettere, dicevano tutti. E così, nel silenzio mi sono rassegnata al dolore, di aver subito una volta e forse di continuare a subire altre volte ancora. In un paese in cui gli abusi sono ancora considerati un tabù, ogni denuncia diventa una battaglia contro i mulini a vento, in cui in primis la stessa polizia ti “invita” a lasciar perdere. Ora, tutto ciò che voglio, è che anche da noi, le vittime di violenza capiscano che non è colpa loro”.
L’uomo che l’aveva molestata era un pezzo grosso, il volto della televisione di Stato. Una denuncia, le avevano detto, le sarebbe costata molto: il posto di lavoro, la carriera e la credibilità. Perché lei, all’epoca dei fatti, era una stagista e lui era Zhu Jun, il noto conduttore televisivo dell’emittente CCTV con le spalle coperte da uno status sociale intoccabile. Badate bene, intoccabile.
Il silenzio, Zhou Xiaoxuan, come dicevamo l’ha rotto dopo quattro anni e dopo avere ascoltato le parole di un’amica che aveva subito uno stupro. Un racconto che l’ha scossa, che ha smosso la rabbia covata dentro, uno scatto improvviso che è stato come aprire una porta o meglio, sfondare un argine.
E’ stato allora che con il nickname Xianzi, la ragazza ha pubblicato su Internet la sua testimonianza di vittima. Ha raccontato senza indugi di quando il conduttore televisivo, che lei stava intervistando, le ha messo una mano sotto la gonna e ha cercato di baciarla.
La ventenne ha diffuso il racconto prima all’interno di un gruppo di amici su WeChat, poi su Weibo, il Twitter cinese ed è stato lì che la sua testimonianza è diventata virale. Xiaoxuan è stata citata in giudizio dal conduttore, che si è difeso definendo le accuse una “pura finzione” e chiedendo scuse pubbliche online e sulla stampa, oltre al pagamento di tutte le spese legali.
“Non mi importa come finirà il processo”, ha detto Zhou Xiaoxuan, che oggi lavora come sceneggiatrice freelance. “Voglio solo che si discuta delle condizioni in cui vivono le donne cinesi, che le vittime di violenza capiscano che non è colpa loro, che possono vivere felici”.
Il tribunale di Pechino ha fissato solo la prima udienza preliminare e non è chiaro quale sarà l’esito del processo. In Cina, come riporta China Files, non esiste una specifica legge sulle violenze sessuali ma, grazie al movimento Me Too nato dalle donne che hanno denunciato in rete le violenze subite, il governo ha inserito le “molestie” nel codice civile. Zhou ha dunque potuto cambiare l’accusa, che prima era “violazione della dignità personale”. Il presentatore è sparito dallo schermo ma rischia, al massimo, cinque giorni di carcere.
Questo ad indicare che ancora molto deve cambiare ma che almeno un primo passo è stato fatto, da una donna che non si è arresa e che vuole incitare tutte le donne a fare lo stesso. Perché se tutte facessero come lei, valanghe di denunce affosserebbero la Cina facendo il giro del mondo. E sarebbe difficile trovare giustificazioni di fronte al pubblico della rete inferocito e ad una comunità internazionale che potrebbe ergersi come giudice ad inficiare delicate trattative tra Stati.
Forse solo un piccolo passo è stato fatto ma è sufficiente per non restare fermi e continuare ad andare avanti nel tortuoso sentiero della giustizia e della dignità umana.

di Stefania Lastoria

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