Il peggiore dei mondi possibili

Nei primi anni del 1700 il grande filosofo e matematico tedesco Leibniz scrive un’opera nella quale afferma che Dio ha creato il migliore dei mondi possibili. Conia il temine Teodicea, dal greco antico Theos, Dio, e Dike, Giustizia. Ossia la giustizia divina in relazione alla presenza del male nel mondo e alla libertà dell’uomo. Nel 1759, a circa mezzo secolo dalla sua morte, gli risponde un grande filosofo illuminista, il francese Voltaire, attraverso il racconto Candide, ou l’Optimisme, che prende le mosse dallo spaventoso terremoto di Lisbona del 1755 per mettere radicalmente in discussione quell’aspetto cruciale della filosofia leibniziana.

 Com’è il mondo che immaginano e per cui si battano i milioni di ragazze e di ragazzi scesi in questi ultimi giorni nelle strade di tutto il pianeta Terra? È il migliore possibile? Soprattutto, però: è davvero possibile, ancora prima di stabilirne il grado di bontà? Una cosa è certa: che il peggiore dei mondi possibili è attualmente in itinere, migliorando nel suo progressivo, incessante peggioramento le proprieprestazioni giornaliere, orarie, tempuscolari, ossia di frazione millesimale in frazione millesimale di secondo. Mentre per il Dio di Leibniz il migliore possibile ha il suo limite logico e concreto proprio e solo in questo mondo da Lui creato, e non in un altro pure possibile, il peggiore possibile, al contrario, è una categoria logica e pratica illimitata. Esso ha bisogno in ogni fugace istante che trascorre di rendere attuale, e non solo ipotizzabile, potenziale, possibilistico un grado superiore di peggiore. Lo sforzo di miglioramento nel peggioramento possibile è una lotta titanica che l’uomo sta conducendo attraverso tutta la sua potenza e protervia economica, rendendo ridicola l’ipotesi stessa di mondo migliore possibile. Se il peggio gli riesce tanto illimitatamente bene, se è la cosa migliore, più realmente fantastica che sa progettare e realizzare, perché abbandonare questa sua suprema capacità che lo pone ormai sopra qualsiasi sopravvissuta essenza divina, demoniaca, celeste, ctonia, sotterranea?

L’unica religione attualmente riconosciuta e dominante su tuttopianeta è anche l’ultima delle ideologie sopravvissuta al vecchio ‘900. È il profitto capitalistico. Vero dio rapace senza bisogno di alcuna teodicea, di alcuna giustificazione e giustizia. Nel suo nome è ammesso qualsiasi misfatto non solo ambientale.  

Il migliore dei mondi possibili, per Leibniz, è l’intero universo. Anche per il peggiore, lo è. Divorato, sbranato un pianeta, se ne passa a un altro. L’esplorazione spaziale non è una nuova romantica avventura umana, con damine e cavalieri in tuta argentata e alla Cristoforetti e alla Parmitano. È ancora ricerca e razzia di risorse. Per estrarre dall’impresa profitto a fini esclusivamente privati. Se l’intera massa monetaria cui ammonta il profitto privato nel mondo e di cui il mondo è privato, spogliato, fosse destinata a fini scientifici e tecnologici pubblici, collettivi, molti dei grandi mali planetari contemporanei potrebbero essere affrontati e via via risolti. Semplicemente questo sarebbe un mondo via via migliore possibile. In base a cosa la religione, l’ideologia astorica di una minoranza umana può arrogarsi il diritto insindacabile di distruggere un intero pianeta come fosse un proprio possedimento a proprio esclusivo sfruttamento privato?

Solamente un Dio ci può salvare (Nur noch ein Gott kann uns retten), afferma nel 1966 un altro grande controverso filosofo tedesco, Martin Heidegger. In qualche modo dobbiamo sempre mettere in mezzo un Dio quando si tratta di un mondo, di un uomo migliore e della loro salvazione. Per peggioramenti, dannazioni, perdizioni siamo senza pari in protervia nell’Universo. Perché allora un Dio dovrebbe scomodarsi a salvarci? Perché siamo le sue creature migliori, più care? Tanto migliori e care non si direbbe proprio. Peggiore specie non c’è stata: distruttrice, devastatrice, sterminatrice che ha usato, messo Dio sui vessilli delle sue più folli e atroci imprese. Semmai un Dio si limiterebbe ad assistere impassibile all’accelerazione peggiorativa in atto verso la tanto attesa e liberatrice estinzione umana.

Può salvarci solo un’alleanza non sacra, non divina ma tanto spirituale, mentale, quanto pratica tra il pensiero ambientale e quello scientifico, tra le ragazze e i ragazzi ieri sulle strade del mondo e i tecno-scienziati maggiormente consapevoli non più del rischio, ma della distruzione in atto. Per il migliore dei mondi possibili? Forse no, ma certamente per liberare, far finalmente apparire il migliore già ora possibile, tanto occultato, negato, dileggiato ma già esistente e pulsante sotto la pelle viva del presente.

di RIccardo Tavani

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