Il Marocco e l’accordo siglato con Trump
Negli ultimi giorni della sua presidenza, mentre prosegue il folle slalom tra disastro pandemico e ricorsi elettorali, Donald Trump continua a comprare, a qualsiasi prezzo, adesioni alla sua politica mediorientale.
Una politica che si concretizza, unicamente, nell’acquistare la normalizzazione, in funzione anti Iran, delle relazioni con lo Stato israeliano da parte del maggior numero possibile di Paesi arabi.
L’ultima compera, annunciata dal presidente uscente con un tweet, è le normalizzazioni delle relazioni tra Israele e Marocco. Stavolta il prezzo pagato è stato il riconoscimento americano della sovranità marocchina sul Sahara occidentale.
Poco importa a Trump che questo significhi calpestare decine di risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e una storica della Corte internazionale di giustizia, oppure che gli USA siano, praticamente, l’unico paese a riconoscere l’annessione illegale del Marocco della ex colonia spagnola.
Il massaggio ai vari rais è chiaro: fate pure ciò che volete, annettete illegalmente territori, schiacciate rivolte e protese. Se in cambio normalizzate le relazioni con Tel Aviv (per Trump con Gerusalemme riconosciuta, anche questa volta in barba alle Nazioni unite, come capitale dello Stato), saremo molto generosi con voi.
Lo sanno bene gli Emirati arabi che hanno ottenuto un accordo sulle armi da 23 miliardi di dollari o il Sudan che è stato tolto dalla lista degli sponsor al terrorismo.
La contropartita chiesta dal Marocco non deve essere sembrata esosa a Trump. Un territorio scarsamente abitato sulla costa nord-occidentale africana che, dopo il ritiro della Spagna del 1976, è terreno di scontro tra il Fronte Polisario, un movimento armato di sinistra pro-indipendenza nato per combattere contro il dominio spagnolo, e il Regno maghrebino.
Negli anni della decolonizzazione la Corte internazionale di giustizia aveva stabilito il diritto del popolo saharawi a determinare la propria sovranità. La Spagna franchista però, su pressione degli Usa preoccupati da uno stato saharawi indipendente, firmò un trattato che concedeva i due terzi settentrionali del territorio al Marocco. L’opposizione del fronte Polisario al trattato portò alla nascita della Repubblica Araba Saharawi Democratica, oggi formalmente riconosciuta da 80 Paesi e membro dell’Unione Africana. La reazione militare del Marocco diede il via ad una guerra combattuta fino al 1991 quando, con la mediazione dalle Nazioni Unite, fu firmato un cessate il fuoco, al quale doveva seguire un referendum sullo status finale dei territori.
Il referendum, però, non si è mai tenuto e oggi l’85% del territorio è sotto il controllo marocchino, che reprime con la violenza, la prigionia e la tortura degli attivisti ogni sentimento indipendentista mentre la gran parte della popolazione saharawi vive in campi profughi in Algeria.
Di certo per il Marocco, quello siglato con Trump è un ottimo affare. La normalizzazione delle relazioni con Israele è, per il Regno, poco più che un gesto simbolico. Già da molti anni, infatti, i due paesi intrattengono forti legami economici e politici mentre la decantata solidarietà araba sulla questione palestinese è, ormai, solo propaganda.
All’opposto, la spaccatura inferta da Trump alla politica internazionale sul controllo del Sahara occidentale rappresenta una reale vittoria diplomatica.
di Enrico Ceci