Antimafia – Indispensabile una riforma radicale per Cesare Sirignano.

Giustizia giusta, umiltà e tempestività. Lontano da politica e affari. – POP – Il Giornale Popolare.

Magistrato napoletano di lunga esperienza in procure di trincea. Dal 2005 al 2015 alla Dda di Napoli, ha coordinato le indagini sulla cattura dei latitanti più pericolosi del clan dei Casalesi. E’ sua una delle indagini più importanti a livello nazionale in materia di Agromafie. Ha ricostruito gli scontri tra le diverse consorterie camorristiche dimostrando l’accordo tra Corleonesi e Casalesi nel controllo, in regime di monopolio, tanto del trasporto su gomma, da e per i mercati del Centro e Sud Italia, quanto per l’intera gestione dei mercati ortofrutticoli su tutto il territorio italiano. Le sue indagini si sono concluse con la condanna di capi e gregari delle due organizzazioni malavitose. Esperto di mafia nigeriana si è poi dedicato alla tratta e al traffico di migranti.

Napoli – Noi di Pop abbiamo incontrato Cesare Sirignano durante una pausa di lavoro e ne abbiamo approfittato per rivolgergli alcune domande che riguardano la situazione della criminalità organizzata in un contesto difficile come quello attuale, aggravato da una crisi economica senza precedenti e dal galoppare del virus che pare non abbia intenzione di abbandonarci.

D. Lei è noto per il suo impegno costante contro la mafia. Facciamo il punto della situazione?

R. Siamo in un momento particolarmente delicato in cui l’aggiornamento della legislazione antimafiaa seguito delle decisioni della Cedu e della Corte Costituzionale potrebbe incidere sull’efficacia del contrasto delle numerose organizzazioni mafiose operanti in Italia ed all’estero. Sarà necessario uno sforzo collettivo per evitare che ciò avvenga ed operare in modo da raggiungere il giusto bilanciamento tra l’esigenza di tutela della collettività e quella di rieducazione del condannato.

Devo dirle che non mi preoccupa l’orientamento della Cedu, peraltro in linea con altri interventi precedenti, ma il trascorrere del tempo senza che il legislatore partorisca una soluzione equilibrata. In linea generale credo sia necessario farsi carico in fretta dei gravi problemi di funzionamento della macchina giudiziaria ed avviare un processo riformatore ambizioso che non può prescindere in ogni caso dall’assicurare risorse umane e mezzi a tutti gli uffici giudiziari.

Da anni ripeto che il sistema processuale penale adottato nel nostro Paese risulta incompatibile con il numero dei delitti commessi e con l’obbligatorietà dell’azione penale prevista dalla nostra Costituzione.

Se non si vuole introdurre un sistema diverso bisogna intervenire con norme che cambino totalmente il rapporto tra il rito ordinario ed i riti speciali limitando il primo solo ai delitti più gravi e di maggiore complessità probatoria. Qualsiasi soluzione diversa o che miri solo ad aumentare il numero dei magistrati o del personale amministrativo non risolverà il problema e non potrà avere l’effetto di ridurre i tempi dei processi.

D. Agromafie. Se ne parla poco eppure, con i rifiuti, rappresentano uno dei settori in cui la criminalità organizzata prospera. Lei, a suo tempo, aveva condotto un’operazione davvero innovativa i cui risvolti sono stati eclatanti. Ce ne fa un breve report?

R. L’interesse delle mafie per il settore agroalimentare è stato dimostrato da diverse sentenze passate in giudicato. Si tratta di un segmento particolarmente redditizio su cui nel corso degli anni si sono concentrati gli appetiti di tutte le organizzazioni mafiose con conflitti armati e poi con accordi di gestione dell’intero settore.

In due diverse indagine della Dda di Napoli da me coordinate sono stati ricostruiti gli accordi tra la mafia siciliana dei Corleonesi ed i Casalesi per controllare in regime di monopolio tanto il trasporto dei prodotti ortofrutticoli da e per i mercati del territorio nazionale quanto la produzione, la distribuzione ed i prezzi di commercializzazione dei beni trasportati.

Come il trasporto dei rifiuti, infatti, anche il trasporto dei prodotti dell’agricoltura rappresenta un affare gestito dalle mafie che offrono servizi alle imprese e regolamentano tutta la filiera fino a garantire, nel caso dei rifiuti, lo smaltimento anche oltre il confine nazionale ed a costi più bassi, e nel caso dei prodotti ortofrutticoli, la distribuzione attraverso una flotta di padroncini che ricevono l’autorizzazione ad eseguire il trasporto.

Il mercato di Fondi, i mercati  campani e siciliani ma anche il mercato CAR di Roma sono stati sotto il controllo delle organizzazioni mafiose che decidono chi può caricare e scaricare merci ed a quale prezzo. Insomma un settore vitale dell’economia completamente gestito dalle organizzazioni criminalicon conseguenze nefaste sui prezzi al consumo e sulla qualità dei prodotti oltre che sulla agricoltura e sulla economia legale.

Le organizzazioni mafiose, infatti, controllando le ditte di trasporto sono in grado di stabilire il prezzo dei prodotti ortofrutticoli e di imporlo ai coltivatori impedendo loro di vendere ad altri ed a prezzi maggiori. Nel corso delle indagini sulle ditte di trasporto riconducibili ai Casalesi, inoltre, è stato accertato anche che oltre ai prodotti ortofrutticoli venivano trasportati anche droga ed armi destinate a diverse organizzazioni criminali.

D. Oggi la magistratura attraversa un momento particolare con un consenso pubblico ai minimi storici, inutile negarlo. La sua opinione?

Marta Cartabia, ministro della Giustizia e la sua riforma

Credo che la giustizia rappresenti il settore dove l’intervento della politica sia più urgente e necessario per restituire la credibilità all’intero sistema. La magistratura italiana, benché spesso al centro di conflitti anche aspri, è una risorsa per il nostro Paese ma deve vestirsi di umiltà e apparire, oltre che essere, scevra da qualsivoglia condizionamento, che sia politico o affaristico.

Per uscire fuori dal tunnel occorre favorire le riforme e soprattutto evitare di riportare la giustizia sul terreno dello scontro politico che ha reso vani tutti o quasi i buoni propositi migliorativi del sistema che pur sono stati manifestati nel corso degli anni.

Occorre una riforma globale che intervenga in tutti i settori ed in quello penale in modo drastico sia sulla procedura che sul numero dei reati per assicurare un tempestivo risultato sia alle vittime che a tutti coloro che entrano nel girone della giustizia. Solo una giustizia rapida ed efficace ed al tempo stesso scrupolosa ed attenta alle garanzie dei cittadini potrà ristabilire pienamente il rapporto di fiducia tra cittadini e  magistratura.

D. Lei è tra i magistrati che hanno contribuito alla cattura di un boss del calibro di Michele Zagaria, che cosa ricorda di quella operazione conclusasi con successo?

L’arresto di Michele Zagaria nel 2011

R. Il gruppo di lavoro che coordinava le indagini sui latitanti del clan dei Casalesi ha adottato una strategia risultata vincente scegliendo la strada dei provvedimenti snelli e rapidi per colpire i favoreggiatori e fare terra bruciata intorno ai latitanti.

L’arresto di Michele Zagaria è stato l’ultimo traguardo raggiunto lavorando insieme alle forze di polizia giudiziaria ed ha costituito, dopo quello dello stragista Giuseppe Setola e del suo gruppo di fuoco del 2008/2009 e di Antonio Iovine del 2010, il momento più emozionante della mia vita professionale. Ancora oggi spesso ricordo con nostalgia il grande spirito di sacrificio delle forze dell’ordine e del personale amministrativo che al fianco dei magistrati e per lunghi anni hanno dato il massimo per raggiungere importanti risultati sul territorio casertano ed interrompere la grave scia di sangue di quei tragici momenti.

Giuseppe Setola, lo stragista dei Casalesi

Si è trattato di un periodo indimenticabile nel quale gli individualismi lasciavano il posto al lavoro di gruppo ed alla condivisione, elementi imprescindibili per un efficace contrasto delle mafie. In pochi anni tutti i latitanti che avevano continuato a vivere indisturbati nei loro territori e che sembravano inafferrabili sono stati scovati, i loro clan disarticolati, ingenti beni sequestrati con la conseguenza di minare le certezze di impunità che il trascorrere del tempo aveva contribuito a creare in quei territori rendendoli ancora più forti.

La più grande soddisfazione derivante da quell’intenso lavoro, tuttavia, risiede nella consapevolezza di aver offerto alle popolazioni di quei territori un’alternativa di vita che, con la presenza dei latitanti e delle organizzazioni mafiose ivi operanti, era stata loro preclusa ed aver percepito negli anni successivi che qualcosa stava davvero cambiando. Insomma pensi che dal 2008, periodo delle stragi di Setola Giuseppe, ad oggi in tutta l’area casertana controllata dal clan dei Casalesi gli omicidi e gli episodi di violenza efferata si contano sulle dita di una mano e questo rappresenta di per sé un risultato straordinario.

Ormai proliferano le associazioni antimafia e molti beni confiscati alla camorra sono stati riassegnati in un clima diverso da quello vissuto dal 1990 al 2010 e soprattutto con una partecipazione attiva della gente di quei paesi ancora oggi alla ricerca di risposte dello Stato che possano favorire lo sviluppo e garantire ai giovani occupazione e condizioni di vita soddisfacenti.

di Salvatore Calleri

Print Friendly, PDF & Email