Conflitto di genere e caccia alle streghe: un convegno a Capalbio
Nel pomeriggio del 23 aprile, oraganizzato dal punto di ascolto dell’associazione Olympia de Gouges – che dal 1999 gestisce il centro antiviolenza di Grosseto – si è tenuto a Capalbio il seminario “Il conflitto di genere. Un’analisi storica: il processo alle streghe”.
Hanno affrontato il tema la Dottoressa Maria Raffaella Cangi, giurista e mediatrice e la Professoressa Cristiania Panseri, avvocata e criminologa, docente presso l’Istituto Universitario “Progetto Uomo”.
La dottoressa Cangi si è occupata di rispondere a tre fondamentali domande: cos’è il conflitto di genere? Come il genere umano è potuto passare dalla sacralità della Grande Madre alla totale colpevolizzazione delle sue figlie? E come è stato possibile che tale conflitto si sia manifestato nella Storia fino a sfociare in quella “Caccia alle streghe” compendio di tutte le misoginie e di tutte le intolleranze?
Partendo da come l’abbattimento dell’archetipo della Grande Madre e, con lei, la sottomissione e funzionalizzazione dell’altra metà del cielo non sia stato che mezzo e conseguenza della costruzione di un sistema sociale e di potere che ha trovato nel controllo e nella sottomissione delle donne le sue fondamenta ed il suo cemento, ha analizzato come esso, stratificatosi nei secoli, sia divenuto parte dell’ordine naturale, meglio ancora, considerato emanazione dell’ordine divino, sì da divenire, in ogni tempo, fondamentale per la stabilità delle istituzioni create dagli uomini per gli uomini.
Le donne, così, in un progressivo processo di reductio ad nihil, tollerate ed appiattite nell’unica e per quell’unica capacità non traslabile all’uomo, quella riproduttiva, ma proprio per questo da controllare e colpevolizzare, diverranno creature deboli, da difendere innanzitutto da se stesse; da educare, poiché “non possono insegnare né avere autorità su un uomo”; inferiori, poiché mas occasionatus; malvagie, poiché “ogni malizia è nulla di fronte alla malizia di una donna”; peccatrici, poiché “Adamo è stato condotto al peccato da Eva, non Eva da Adamo”. E proprio tale malvagità, in uno con la loro capacità di indurre l’uomo, fatto ad immagine e somiglianza di Dio, al peccato, diverrà un portato connaturato al pensiero umano, un portato idoneo a costituire un humus di cui servirsi, alla bisogna, da parte di quelle istituzioni, laiche o ecclesiastiche e, dunque, del Potere, nella costruzione di un utile nemico contro cui compattare la collettività.
Sarà così che Chiesa e potere civile, introitando e canalizzando tutti gli elementi negativi di cui era portatrice questa diaboli ianua li veicoleranno fino ad utilizzarli nella lotta contro il peccato che disgrega l’ordinata società cristiana, individuando la donna come quintessenza di ogni male, fino a teorizzare un contemptus foeminae che, partendo dall’identificazione di questa come strumento del Diavolo, non potrà che sfociare in una “Caccia” a quell’Eva divenuta strega. Una “Caccia” che diviene utile strumento per annichilire ogni ribellione o pensiero non omologato.
La Professoressa Panseri partendo dall’analisi di due sentenze, pronunciate dal Tribunale dell’Inquisizione di Milano alla fine del 1300 a carico di due donne, ha analizzato il mutare del concetto di stregoneria e dei presupposti giuridici e simbolici della sua persecuzione.
Le parole dei giudici, le discrepanze e l’interpretazione delle raccolte dei canoni mostrano il passaggio da una visione della stregoneria medievale a quella moderna ed il collasso di alcuni confini fra fantasia e realtà che finirà per ricostruirsi in altri termini con l’equiparazione della strega all’eretica e la sua criminalizzazione.
Le storie di Sibillia Zanni e di Pierina Bugatis, che giungono a noi attraverso le parole dell’inquisitore, mostrano come le loro esistenze si svolgessero su due scene: la notte e il giorno, la fantasia e la realtà. Fra queste diverse dimensioni avvenivano scambi regolari e ritualizzati che lasciavano passare nella società cristiana alcuni elementi della cultura pagana, quali le conoscenze mediche e divinatorie.
La libertà di movimento fra le due società e la convivenza armonica dei due mondi separati, che prima si riteneva appartenente alla dimensione fantastica viene considerata realtà, una realtà pericolosa e dannosa per la sociatà.
La relatrice ha posto in evidenza come la misoginia sia stata una componente centrale delle teorie demonologiche, la base di tutto l’edificio, la guida di generazioni di inquisitori e giudici laici. Si è trattato dunque non genericamente di caccia alle streghe, ma di caccia alle donne, con il fine ultimo di rafforzare il controllo sociale su di loro e sulla loro sessualità in un’epoca di trasformazioni profonde.
La credenza dell’esistenza delle streghe, radicata in miti e tradizioni di popolazioni lontanissime nel tempo e nello spazio, ha permesso di individuare un colpevole da punire per le sventure che prima si attribuivano alla volontà divina o alla natura.
La costruzione della paura della strega divenne dunque funzionale al rafforzamento e all’irrigimento di una società sempre più patriarcale, e come tale ostile alle donne che in qualsiasi modo e àmbito sembrassero una minaccia al dominio maschile.
I processi di stregoneria – avvenuti quando le tensioni, i disordini, l’instabilità e i mutamenti agitavano l’Europa tra il tardo Medioevo e l’Età moderna – mettono in risalto come la costruzione di un capro espiatorio rappresenti una delle risposte di più lunga durata e un grande strumento di contenimento e di controllo.
Le relazioni fanno parte di un più ampio studio riguardante Il conflitto nel Medioevo: il potere, la Chiesa, il diverso di cui è in corso di pubblicazione il terzo volume presso la casa editrice NeP di Roma.
Prof.ssa Cristiania Panseri