Il momento più pericoloso per una donna è quando lascia l’uomo che la maltratta

In quasi tutti gli Stati Uniti possiamo trovare complessi condominiali come quello di Commons, al Vintage park di Spring, un centro alla periferia di Houston in Texas. Si tratta di tranquille palazzine di tre piani, circondate da alberi e cespugli ben curati, pieni di parcheggi riservati a chi ci vive e per garantire un ulteriore livello di sicurezza, gli interi complessi sono spesso recintati. Possono entrare solo i residenti o chi è in possesso del codice per il cancello. Ma quando la follia omicida era o è dentro casa, tutto questo serve a poco.

Così come non è bastato a proteggere Sadia Manzoor, una donna pachistana-statunitense che faceva l’insegnante, quando la mattina del 19 maggio si stava preparando come ogni giorno per andare a lavorare.

Nell’appartamento c’erano anche sua madre, Inayat Bibi, e la figlia di 4 anni, Khadija. Nel giro di pochi minuti sarebbero morte tutte e tre. Infatti quella mattina il marito di Sadia, da cui la donna si era separata, anche lui pachistano-statunitense, ha fatto irruzione nell’appartamento e ha aperto il fuoco uccidendo l’ex moglie, la figlia e l’ex suocera.

Solo dopo ha rivolto l’arma contro se stesso.

Notizie a cui purtroppo “siamo abituati”, come fosse una realtà non da estirpare ma con la quale convivere. E come spesso accade in questi casi solo dopo vengono diffuse notizie che, con il senno di poi, rendono tutto così “facilmente evitabile”!

Così sappiamo che Sadia aveva chiesto il divorzio perché il suo ex marito era violento nei suoi confronti e verso la figlia stessa. Una volta concluso il divorzio, la donna stava cercando di rifarsi una vita con la madre e la figlia, voleva solo un’esistenza più tranquilla e non sapeva invece che il momento più pericoloso per una donna vittima di violenza è quello in cui lascia l’uomo che la maltratta. L’esultanza per quella che si pensa sia una liberazione dura poco, da quel momento in poi per molte donne ha inizio un incubo forse peggiore del precedente.

Secondo il dipartimento di giustizia statunitense, il momento in cui una coppia si separa è anche quello più letale per una donna. Alcune stime mostrano come una donna vittima di abusi sia 500 volte più a rischio di violenza. Molte donne vittime di maltrattamenti sono ferite o uccise in questo lasso di tempo, quando l’aggressore comincia a rendersi conto di aver perso il controllo su di loro. Nel caso di Sadia, a quanto pare, il suo ex marito ha deciso che se non poteva più avere la sua famiglia, allora non ci sarebbe stata nessuna famiglia.

E poi ci sono realtà parallele. In Pakistan ad esempio la normalizzazione della violenza contro le donne è così diffusa che nessuno se ne preoccupa.

Come l’altra storia di due sorelle di origine pachistana che vivevano in Spagna, costrette a sposare pochi anni prima dei cugini in Pakistan, nel momento in cui avevano deciso di porre fine a questo supplizio di violenze continue con il divorzio, sono state barbaramente torturate e uccise. Quando i parenti acquisiti e i loro stessi familiari sono venuti a sapere delle loro intenzioni, le sorelle Aneesa e Arooj Abbas sono state indotte con l’inganno a rientrare in Pakistan, dove hanno subìto torture e violenze prima di essere uccise a sangue freddo nella regione pachistana del Gujarat.

Tra i sei uomini arrestati per l’omicidio ci sono anche due fratelli e uno zio delle vittime.

Entrambe le storie, strazianti e tragiche, coinvolgono donne di origine pachistana che vivevano nella diaspora. Entrambe le storie coinvolgono uomini che, nel momento in cui si sono resi conto di non poter esercitare un controllo totale sulle loro vittime, hanno deciso di ucciderle. L’assassino di Sadia Manzoor si è ucciso, così il dramma che ha causato non riceverà mai giustizia. I sospetti assassini delle sorelle Abbas sono stati arrestati, ma non è scontato che saranno davvero puniti. Quando muoiono donne uccise dai familiari la prassi prevede l’arresto dei sospetti quando l’attenzione dei mezzi d’informazione è molto alta, e il loro rilascio su cauzione una volta che i riflettori sul caso si spengono.

Queste storie dimostrano anche che vivere in paesi come gli Stati Uniti o la Spagna o qualsiasi altro paese occidentale, fa emergere la crisi dell’identità maschile che gli uomini pachistani devono affrontare quando migrano in altri paesi. In Pakistan, infatti, il controllo sulle donne è totale.

Con l’emigrazione in paesi occidentali, gli equilibri relazionali cambiano quando le mogli scoprono che non è difficile ottenere il divorzio. Così in Texas come in altri stati americani, il divorzio è garantito se lo vuole anche solo una delle due parti. Quanto meno da un punto di vista legale, nessuno può costringere una donna a restare sposata ad un uomo. A differenza del Pakistan non è richiesto il consenso del marito.

E così gli uomini che hanno sempre vissuto in un contesto patriarcale e dominante nei confronti delle donne viste a tutti gli effetti come “oggetti di loro proprietà”, sono destabilizzati, perdono la loro mascolinità, il potere decisionale nei confronti delle “loro donne”, si vedono scivolare dalle mani l’arma del possesso, il “diritto alla violenza”. Tutto ciò che nel loro paese da piccoli hanno vissuto come “normalità” all’improvviso viene classificato in altri paesi come brutalità e addirittura come reato. Perdono non solo il loro ruolo di “maschi” ma tutta la loro identità che inizia a vacillare fino all’epilogo finale che è sempre morte e distruzione.

Le vite di Sadia Manzoor e delle sorelle Abbas sono state distrutte a causa dell’ego maschile: l’insaziabile desiderio di controllo dei loro assassini si è trasformato in desiderio di uccidere.

di Stefania Lastoria