Anno 2018: un nobel per la pace e la tutela delle donne.

Il nobel per la Pace nel 2018 è stato assegnato a due persone straordinarie per l’impegno, immenso, profuso contro l’uso dello violenza sessuale in guerra. Lo stupro come arma per intimorire, per ferire profondamente  non solo il singolo che lo subisce, ma intere popolazioni.

Hanno ricevuto il nobel Denis Mukwege e Nadia Murad.

Denis Mukwege è un medico ginecologo che, nella Repubblica del Congo, ha visto arrivare nel suo ospedale centinaia di donne offese gravemente nel corpo e nello spirito da stupri ripetuti. Violenze inaudite nei confronti di donne di ogni età, talmente gravi da essere necessario ricorrere a interventi chirurgici riparatori. I numeri sono spaventosi, si tratta di circa 40.000 donne.

E fa impressione pensare che a fronte di tante donne violentate esiste un altrettanto alto numero  di uomini senza pietà che le considerano solo cose, oggetti, schiave sessuali da usare a proprio piacimento, colpendo il nemico, la popolazione sconfitta, con azioni vergognose e indescrivibili.

E’ con delicatezza che il medico ha accolto queste donne, con la voglia di tendere loro una mano in aiuto.

E’ con delicatezza che Nadia Murad racconta la sua difficile storia. Perché lei lo stupro di guerra lo ha vissuto sulla sua pelle. Donna Yazida è stata rapita dagli uomini dell’Isis e ridotta in schiavitù, violentata più volte, considerata come bottino di guerra.

Ascoltarla fa male, ma è un male necessario che deve far comprendere di quali orrende azioni ci si macchia in guerra, di come si possa svilire l’essere umano quando, abbandonate le ragioni del cuore, segue con piena coscienza e determinazione la strada dell’odio.

E’ difficile anche pensare in grandi numeri quanto accade. Eppure i soldati che commettono questo crimine di guerra, perché tale finalmente è stato considerato a partire dal 2008, con piena condanna dell’UN security Council, sono uomini a cui non può non essere chiaro l’orrore del loro comportamento e donne e bambine sono le loro prime vittime.  Non c’è stato scampo per oltre tremila donne dell’etnia Yazida.

Nadia Murad è diventata la portavoce di tutte. Racconta la sua storia, narra dell’orrore e della morte. Perché di stupro si muore. Perché fisicamente è uno strazio, perché psicologicamente si rischia di cadere in un baratro. E sensibilizzare alla comprensione di un fenomeno così doloroso è diventata per lei una missione.

L’opera straordinaria del dottor Mukwege e di Nadia Murad ha un sapore anche di grande coraggio. Non è facile fare opposizione in territori in guerra. Loro lo hanno fatto a rischio della propria vita.

E’ un premio nobel che dovrebbe indurre alla riflessione, che dovrebbe essere di spinta per un cambiamento sociale, forse, potremmo dire, per una rivoluzione nei comportamenti.

di Patrizia Vindigni

Print Friendly, PDF & Email