Il genere umano deve estinguersi. Per salvare la Terra non fate figli

Tanti di noi avranno pensato almeno una volta, che l’operato dell’uomo sulla terra non abbia avuto nel tempo, grandiose conseguenze se, come si può dimostrare, sempre più spesso ci troviamo a combattere incendi indomabili, dissesti idrogeologici spaventosi o devastanti alluvioni dovuti solo al nostro operato. Conseguenze di questi fenomeni sono ad esempio i processi di deforestazione per far posto a centri urbani, infrastrutture e strutture produttive e l’elevata cementificazione che riducono la permeabilità del suolo.

Ma da qui a dire che la cosa migliore da fare è una radicale estinzione di tutta l’umanità, da attuare in maniera artistica, creativa e addirittura con gioia e compassione, un po’ ce ne corre. Eppure questa è la tesi di The Ahuman Manifesto: Activism for the End of the Anthropocene, appena scritto da Patricia MacCormack, una bizzarra professoressa di Cambridge dal look dark, e studiosa di temi che vanno dalla teoria queer (cioé, non esistono generi sessuali) ai film dell’orrore, dai diritti animali al sesso nel cinema. Secondo questa stravagante ed eccentrica docente, l’uomo sapiens è da considerarsi il cancro del pianeta e dunque è da prendere in considerazione il suicidio della specie. Da sottolineare a sua discolpa, che la MacCormack non è certo la prima a teorizzare una progressiva sparizione degli esseri umani sulla Terra, attraverso il rifiuto della natalità. Lo avevano già fatto, ben prima di lei, dozzine di ambientalisti, molti dei quali si sono pure vasectomizzati, così come lo stanno facendo migliaia di giovani che hanno deciso di non fare figli finché il problema del clima non si sia almeno mitigato.

Però, mentre l’astinenza degli ecologisti è orientata a rendere il mondo un posto migliore per tutti, per la bislacca insegnante di origine australiana, l’estinzione sarebbe un bene in sé, assoluto, totale, indiscutibile in quanto gli unici ad aver diritto all’esistenza sono altri organismi ma non l’essere umano.

Ma in quest’ottica, obiettivamente la professoressa di Cambridge mette sullo stesso piano tutti gli esseri umani senza distinzione alcuna e dunque, teorizzando la morte di tutti, finisce per annullare le differenze e insieme il concetto di giustizia. Perché il vero cancro del pianeta non è il bambino africano che muore di caldo nella baracca di lamiera ma l’australiano o lo statunitense che con il loro stile di vita esagerato e sopra le righe, impediscono al primo di vivere.

Una teoria stravagante come la stessa docente perché, se ci pensiamo bene, tutti possiamo gridare lo slogan “salviamo il pianeta”, credendoci veramente pur sapendo che il pianeta sopravviverà benissimo anche senza di noi. Tuttavia un mondo non pensato e immaginato da un essere umano, di fatto non può esistere, può piacere o meno ma è indiscutibile che anche l’immaginazione di un luogo popolato esclusivamente da creature non umane, è essa stessa il prodotto di una mente, per l’appunto “umana”.

di Stefania Lastoria