I più tirano i meno

A un anno dalle ultime elezioni politiche, la stampa ha riportato le dichiarazioni trionfalistiche dei vincitori e quelle critiche dell’opposizione. A metterle a confronto c’è da chiedersi chi dei due abbia perso il senno, tanto sono in contrasto tra loro; sembra che parlino di due pianeti diversi.

Credo sia inutile commentarle; d’altronde i lettori già sanno, probabilmente, come la penso.

Vorrei però tornare sui risultati in sé delle elezioni, perché sono stati davvero particolari e significativi. Storici, nel senso peggiore di questo termine.

C’è stata la minor affluenza alle urne di sempre (meno del 64%) e, con l’aiuto della peggior legge elettorale di sempre, una minoranza di centro (?) destra ha ottenuto la maggioranza assoluta dei seggi parlamentari. Sì, minoranza, perché il raggruppamento vincente non ha raggiunto la metà più uno dei suffragi; ne ha ottenuto il 43% che, rapportato a quel 64% di votanti, diventa uno scarso 28% del corpo elettorale; o, come direbbe la Meloni, degli italiani. Se questo, in base alla legge elettorale, gli dà il diritto di governare, non lo autorizza a parlare in nome della maggioranza degli italiani che, probabilmente, la pensa in modo diverso.

Questa strana situazione, in parte dovuta alla brutta legge elettorale, in parte alla scarsa combattività del centro sinistra, mi ha riportato alla mente una poesia di Giuseppe Giusti, poeta patriota e libertario della prima metà dell’ottocento. Tutti ricordano la sua “Sant’Ambrogio”, in cui racconta come, nell’antica chiesa di Milano, realizzò che i soldati mandati a tenere sotto il giogo austriaco quella parte d’Italia erano, in fondo, esseri umani e vittime, essi stessi, dell’oppressione. Come rendersi conto, nei tempi di oggi, che i soldati russi, mandati a morire in Ucraina, sono le prime vittime della prepotenza dispotica di Putin. Un’intuizione umanissima, che dovremmo sempre ricordare.

Questa è meno nota, ma non meno interessante. Comunque, eccola:

Che i più tirano i meno è verità,

Posto che sia nei più senno e virtù;

Ma i meno, caro mio, tirano i più,

Se i più trattiene inerzia o asinità.

Quando un intero popolo ti dà

Sostegno di parole e nulla più,

Non impedisce che ti butti giù

Di pochi impronti la temerità.

Fingi che quattro mi bastonin qui,

E lì ci sien dugento a dire: ohibò!

Senza scrollarsi o muoversi di lì 

E poi sappimi dir come starò

Con quattro indiavolati a far di sì,

Con dugento citrulli a dir di no.

Che siamo governati da una minoranza emerge anche dalla recente discussione sul salario minimo. Il 70% degli italiani è a favore, ma la minoranza al governo non lo vuole. Come nella poesia, la spunta di nuovo la minoranza, che è più decisa e coesa. D’altronde ora il problema è come imprigionare i migranti, di salario minimo non se ne parla più.

Ed è una minoranza bugiarda, che solleva obiezioni inesistenti sul salario minimo, già sperimentato ed applicato con successo in tanti Paesi d’Europa e del mondo. Ma tant’è, la spunta lo stesso.

E questo vale anche per i diritti dei figli delle coppie omo genitoriali, e per chissà quanti altri temi.

Il guaio è che in mezzo ci siamo noi, presi a bastonate dalla minoranza, mentre la maggioranza sa solo dire “ohibò!”

Ma quando si decideranno a svegliarsi, quei “dugento citrulli” che sono maggioranza nel Paese?

Cesare Pirozzi 

 

Print Friendly, PDF & Email