Un governo balneare
Poiché questa è l’estate più calda di sempre, ci sarebbe ben altro cui pensare. Ma l’argomento dei “balneari” è prettamente estivo, non si può evitarlo. Anche se frivolo, è sintomatico del colpo di calore che ha stordito il nostro governo, e che già si era manifestato con le dichiarazioni a più voci, ma tutte di alto profilo istituzionale, non sul sesso degli angeli, ma su quello di Khelif.
La prima caldissima notizia di questi afosissimi giorni è quella dello “sciopero” degli stabilimenti balneari. O forse serrata, perché credo che a decretare la chiusura siano stati i datori di lavoro, non i dipendenti. Mi stupisce che il governo non si sia mosso per difendere il diritto dei cittadini a fare il bagno prima delle 9,30, soprattutto le famiglie con bambini, che così si proteggono dagli ultravioletti e non devono essere coperti di creme di dubbia tossicità.
Ma la notizia più importante è che le concessioni balneari, secondo il governo, non rientrano nella direttiva Bolkestein, dal momento che gli stabilimenti balneari occupano solo il 30% delle coste italiane. La lettera che sostiene questa amenità contiene una serie di argomentazioni che certificano, meglio di una perizia medica, che il governo ha avuto davvero un colpo di calore, anche se l’ha scritta l’inverno scorso. Una lettera idiota, che vi invito a leggere (si può trovare in rete il testo integrale), per capire come si può sputtanare a livello internazionale il nostro Paese, pur chiamandolo Patria.
Non so come ne usciremo, visto che sulla nostra patria balneare incombono altri due giorni di “sciopero” (o magari “serrata”): 19 agosto per quattro ore (dalle 7.30 alle 11.30) e il 29 agosto per otto ore (dalle 7.30 alle 15.30). Sopravviveremo a tanta balneare sventura?
Nel dubbio, ma anche per allargare l’orizzonte al di là del nostro sventurato Paese, voglio raccontarvi la mia esperienza di spiaggia in Grecia. Quest’anno sono stato nel Mani, una splendida penisola ricca di storia e bellezza naturale. Ma se questa è una caratteristica comune a tanta parte d’Italia, la gestione delle spiagge è proprio diversa: una diversità che ho trovato, finora, in tutte le spiagge greche che da molti anni frequento.
Gli stabilimenti balneari, prima di tutto, non occupano mai l’intera spiaggia (o settore di spiaggia) che hanno in concessione. C’è sempre ampio spazio libero, dove chiunque può andare a godersi il mare senza affittare ombrellone e lettini, portandosi da casa ciò che gli serve: l’accesso alla spiaggia è sempre, rigorosamente, libero.
Molte volte, comunque, ombrellone e lettini sono gratuiti. In cambio della loro utilizzazione è sufficiente consumare qualche bibita, un gelato o un pasto, fornito dai gestori che hanno, ovviamente, una caffetteria o una “taverna” collegata. Noi abitualmente pranzavamo all’ombra di pergole e alberi frondosi alla taverna, mangiando bene e spendendo poco.
Come in Italia, nelle principali riviere.
Dove, invece, si pagava direttamente l’ombrellone, il costo era di 10-12 euro al giorno (non a persona, a ombrellone) per stare su una spiaggetta coronata di scogli, tra i quali ti attendono branchi di barracuda, qualche volta delle ricciole, oltre alla solita variopinta fauna delle coste mediterranee. Con sempre la “taverna” alle spalle, dove rifocillarsi gradevolmente a prezzi modici.
È evidente che in Grecia i balneari sono sottoposti a precisi vincoli e limiti, ma non fanno mai sciopero.
È altrettanto evidente che non fatturano quanto un “balneare” di Forte dei Marmi. Ma chi se ne frega! Avevano un’aria molto più simpatica di Bocelli o Santanchè, e il clima era sempre amichevole e ospitale.
Ma forse, per uscire fuori dall’impasse balneare bisognerebbe tornare a qualche concetto fondamentale.
Primo: il mare è di tutti, nessuno deve essere obbligato a pagare per accedervi, anche secondo la legge italiana. La concessione riguarda i servizi offerti, non l’accesso alla spiaggia.
Secondo: è dal 2010 che la direttiva Bolkestein è legge in Italia. I balneari e i governi hanno avuto 14 anni per risolvere il problema e trovare un accordo giusto e sensato. Hanno preferito gli uni continuare a godere di un privilegio senza pagar dazio, gli altri rimandare il problema o scrivere bischerate all’Unione Europea.
Quel che temo è che vada avanti la procedura d’infrazione, che vuol dire una sanzione economica che pagheremo noi cittadini, anche se non siamo balneari e non andiamo in vacanza a Riccione o a Forte dei Marmi.
Questo è l’argomento frivolo di Ferragosto, che ci ricorda i tanti “governi balneari” del nostro recente passato.
L’argomento serio è che la Grecia brucia, come già in altre estati passate, come la Roma dell’incuria e delle sterpaglie. Che questa estate è ancora più calda, nell’indifferenza dei governi, balneari e no.
Cesare Pirozzi