Cop Land – James Mangold

Camillieri

Dopo l’esordio al Sundance Festival con una pellicola, nemmeno a dirlo, profondamente introspettiva, l’eclettico James Mangold debutta nel jet set hollywoodiano schierando un palco attori di tutto rispetto e con un film che ha il suo perché. Ad esempio, perché Silvester Stallone ha deciso di fare l’attore?
Scorrendo questo gustoso poliziesco, che parte dall’idea banale di incentrare tutto sulla corruzione presente nei ranghi della polizia, ci si incuriosisce subito, d’altro canto, al cospetto di questa città creata a misura di agente e popolata esclusivamente da piedipiatti. Inevitabile che in tale contesto nessun poliziotto, che lavori sul territorio, potrà essere efficiente ed attaccare il sistema che lo allatta. Lo sceriffo pertanto dovrà essere un mezzo tonto, senza spina dorsale.

E lì arriva Stallone, in tutto il suo splendore, e gli va dato atto che, per la prima ed unica volta nella sua carriera, ricoprirà un ruolo a lui perfettamente congeniale. Il suo personaggio passerà metà della pellicola a dormire mentre, sotto il suo naso, avvengono le nefandezze più scontate; quando, però, la corruzione e l’arroganza di certi personaggi uscirà in maniera preponderante allo scoperto, persino lo sceriffo mezzo tonto e mezzo sordo, non potrà far finta di nulla e basterà la mezza parte sana (che incidentalmente è anche quella onesta) per fare due conti e capire che non tornano; a quel punto scoppia il putiferio ed i pixel dello schermo cominciano a trasudare adrenalina. Dilaga Keitel in un ruolo per lui collaudato, stesso dicasi per il solito Liotta, mentre De Niro è confinato a poco più di un cameo, probabilmente per dare maggiore visibilità al film ma, mi preme ribadirlo, la differenza la fa tutta l’immenso Sly, la sua espressione grida stupidità da tutti i pori. Difficile stabilire se gli sia venuto spontaneo o ci abbia lavorato su, in entrambi i casi il risultato è perfetto.

di Marco Camillieri