Il treno della Tuscia

Sferragliando ed arrancando per il suggestivo territorio dell’alto Lazio.

Avete mai provato a percorrere un itinerario turistico in treno…?

Se non l’avete ancora fatto forse è il caso di iniziare a pensarci.

Scoprire paesaggi, città, luoghi e particolarità, salendo e scendendo da un treno è un’esperienza unica! Specialmente se questo attraversa il territorio del viterbese che storicamente affonda le sue radici nelle origini etrusche, come dimostrano le tante scoperte archeologiche di notevole rilevanza che hanno permesso di approfondire la conoscenza di questa antica civiltà.

La ferrovia Roma — Civita Castellana — Viterbo, è un ottimo vettore per la mobilità quotidiana dei pendolari, specialmente nei mesi invernali, quando neve e ghiaccio rallentano gli spostamenti sulle arterie stradali, ha anche una forte valenza turistica confermata dal fatto che molte associazioni ambientaliste usano questo treno per organizzare manifestazioni.

Salendoci sopra si toma indietro nel tempo di circa settanta anni. Poco o nulla è cambiato… il tempo si è fermato. Prendere questo treno significa sentire i classici sobbalzi e gli sballottamenti. Il rumore dello sferragliare é la caratteristica cadenza che ritma le giunzioni delle rotaie, come bene descrive Marco Paolini, attore e narratore, che in un suo monologo sulle ferrovie italiane ritma il cammino del treno così, dodeskaden, do-des-ka-den, rendendo il senso della cadenza.

A volte si può avere l’impressione che sia il paesaggio a scorrere dai finestrini, anziché il treno a camminare. La ridotta velocità, però, ci da modo di guardare meravigliati lo scenario, offrendoci un modo ineguagliabile per cogliere anche le minime sfumature. Si rimane praticamente incollati al finestrino.

I binari, come un serpente ferrato, si infilano per valli e per monti partendo dal livello del mare arrivando a 800 metri d’altezza. Questa ferrovia supera tratti con una pendenza tale che si è al limite della trazione per aderenza. A volte le foglie degli alberi che cadono rendono viscide le rotaie, allora sono dolori per i macchinisti, che con abilità, mettono a dura prova i locomotori riuscendo, arrancando e sferragliando ad incedere fino a scavallare la salita.

Il treno della Tuscia entra nei paesi e raccoglie tutto quello che i paesi richiamano alla mente. Gli odori dei camini d’inverno, i profumi delle ginestre in estate, sapori di quando si era bambini, quando si salutava divertiti il treno che passava, aspettando che fermasse in stazione e che il macchinista con un fischio ci regalasse un ciao.

Binario triste e solitario diceva una famosa canzone di Claudio Villa, ma questo treno non è triste. Raccoglie gli umori di tanta gente che ci viaggia, che ci passa buona parte della propria giornata di pendolare. Solitario, solo perché è a un binario solo, allora non si procede se prima non si incrocia il treno che viene contrario. A volte l’attesa è più lunga del previsto, ma questo permette di scambiare opinioni e pareri con chi ti siede vicino, approfondendo o addirittura creando nuove amicizie.

Un fischio in lontananza annuncia l’arrivo del treno opposto.

Scambi e segnali vengono manovrati a mano dal capotreno. Lo stridio dei freni annuncia l’arresto del treno. Ripartendo porta con se altre storie, altre persone.

Il serpente di ferro si snoda, va per le campagne tra filari di viti e uliveti, piante di nocciole e alti castagni… riconosci i posti al cambiare della campagna.

Pensi, guardando dal finestrino, che questi luoghi, queste campagne, secoli fa erano teatro di due civiltà, quella romana e quella etrusca. Uomini e donne che hanno calpestato questa terra, lasciando il ricordo di ciò che erano, consegnando la loro cultura i loro costumi, ai posteri ed all’ammirazione nostra.

Ruderi, tombe, scavi nonché castelli, palazzi, ville, fontane, sono pagine di storia che si possono leggere visitando i paesi toccati dalla strada ferrata. Cento chilometri di rotaie percorsi ad una velocità media di 40 Km all’ora. Nell’epoca dell’alta velocità possono far ridere le circa due ore che occorrono da Roma a Viterbo. Ma ancora questa ferrovia resiste, ancora collega i paesi, viaggia ancora carica di storia.

Più volte ha rischiato la chiusura, considerata da logiche di costi e ricavi un “ramo secco”.

Ma le amministrazioni comunali e provinciali del territorio in cui sì snoda, si sono sempre

opposte. anzi reclamano investimenti. Dove c’è una ferrovia c’è sviluppo.

E il treno della Tuscia và, dal mare ai monti, sobbalzando e sferragliando, do-des-ka-den,

do-des-ka-den, do-des-ka-den, fino al termine della corsa.

Giorno dopo giorno, treno dopo treno, da oltre settanta anni arranca e unisce Roma a Viterbo

di Antonella Virgilio