Tutto quello che vuoi
Non c’è dubbio che la figura della madre è profondamente legata alla scrittura. Ossia a quella lingua parlata in un dialogo interiore con sé stessi, nella messinscena di un monologo teatrale tra il proprio intimo e il mondo esterno. Non a caso si chiama madrelingua. Alessandro, ventidue anni, cerca la madre che gli manca dall’infanzia in quella del suo migliore amico, Riccardo. Cerca però il suo affetto, il suo amore nella modalità mascherata dell’eros adulto. I suoi sbandamenti di ragazzo di strada, senza studi, cultura, lavoro, che ama solo il calcio e i videogame di guerra, lo mettono sia nei guai che sulla strada giusta. Conosce Giorgio, un poeta ultraottantenne, un po’ “scelerato”, ma in fondo simpatico che non si “accolla” troppo. Nella stanza più intima e segreta della casa del poeta incontra inaspettatamente la lingua, la scrittura, la vera madre assente in lui. Non la riconosce subito, perché a lui quelle parole poetiche sulle pareti paiono veri e propri geroglifici. Ne rimane però affascinato e vi vede i segni di una vecchia storia di guerra vissuta da Giorgio quando era un ragazzo in Toscana. Anche i suoi amici ne sono attratti, come da un vero e proprio tesoro sepolto, fatto di un baule con tante monete d’oro che li farebbe “svoltare” sul serio. Una storia molto più autentica e appassionante dei vari videogame che si sparano sulla consolle. L’avventura a ritroso nei brandelli di memoria, di versi e parole del vecchio poeta si svela per l’orfano di madre come il suo viaggio, il suo romanzo on the road di formazione. Tutto quello che Giorgio e Alessandro volevano era in questo loro quasi impossibile incontro, nella fine di un poema graffitato sul muro, nell’inizio di un nuovo racconto di vita e d’amore. Perché poi – a modo suo – anche il gergo da sampietrino di Alessandro ha un che di sintetico e poetico, anche se più sul trash-comico.
di Riccardo Tavani