La grande ammucchiata

Come preannunciato, la crisi economia della Lega poteva avere un solo epilogo: l’alleanza col pregiudicato di Arcore. Curiosamente, nell’agosto del 2013, lo stesso Salvini esultava per la condanna di Berlusconi, chiedendosi come potessero i Kompagni del PD giustificare ai loro elettori di essere al Governo con un condannato, cioè lo stesso con cui adesso vorrebbe andare a governare lui, insieme alla Meloni. Non è questione di programmi politici o affinità di altra natura, Salvini lo ha scritto chiaro anche su Twitter che, come le brave olgettine di recente memoria, lui è disposto a cedersi in cambio di denaro: “Berlusconi è una potenza, noi non abbiamo tv, non abbiamo soldi, io parto dalla vita reale, ho ambizione che gli italiani scelgano nel centrodestra il futuro e il cambiamento.”

Quanto alla Meloni, sta già facendo le prove generali per adeguarsi agli standard leghisti, ed è stata beccata a spargere bufale su un maiale che gozzoviglia tra i rifiuti che infestano la Capitale, senza preoccuparsi del fatto che le foto che ha messo in giro risalivano al 2013, epoca in cui c’era il suo amico Alemanno alla guida di Roma. E del maiale.

La necessità di alleanze vincenti, ha intrigato anche il simbolo della cristianità d’accatto, Mario Adinolfi, che ha preso a corteggiare in maniera spudorata uno dei cantautori che hanno fatto la storia della musica italiana – almeno quanto lui ha fatto quella della politica – tale Giuseppe Povia. Il corpulento leader del Popolo della Famiglia, recentemente investito dall’Espresso del titolo di “Peggio del 2017” per ottenere il quale ha sbaragliato – con la sua sparata sull’eutanasia – Salvini, Giovanardi e altri fenomeni dalle uscite cretine, ha pensato che se Berlusconi vuol candidare Toto Cutugno e Al Bano all’estero, in Italia lui potrebbe portare un simbolo della musica d’autore sui piccioni. L’idea non è sbagliata, tutto sommato.

Sul fronte della sinistra, più che di alleanze sarebbe opportuno parlare di ammucchiate. Il nuovo partito di Grasso&scarti vari, ha già mostrato di poter fare bene quanto il PD, e infatti si è già diviso. In sede di alleanze, con una parte che strizza l’occhio a Zingaretti e l’altra che chiude le porte a Gori, la nuova coalizione di Grasso ha già fatto subodorare l’aria che tira dentro le sue fila. Della serie, cominciamo bene.

Quanto al M5S, le buone notizie non si contano più. Dopo che Giggino ha aperto alla possibilità di dialogo con il PD (purché non ci sia Renzi perché la politica, si sa, è fatta di simpatie mica di programmi), è arrivata la candidatura di una delle pietre portanti del partito della Casaleggio Associati, tale Marione. Il fumettista ufficiale del M5S è sempre stato una figura che ha messo tutti d’accordo nel mondo della satira; a chiunque chiediate, di destra, sinistra, centro, davanti o dietro, avrete una risposta univoca è chiara: è uno che non c’entra niente con la satira, né con l’umorismo. Un servo di partito, per intenderci. Marione, al secolo Mario Improta, è un perfetto emblema dell’anima nera del M5S, le sue vignette sono intrise di razzismo e sessismo, il suo personaggio è un ammasso di odio, insulti e vigliaccheria. Dove non può colpire con la matita, lo fa in maniera subdola con account creati ad hoc per evitar querele relative ai suoi auguri di stupro alla Boldrini o agli insulti a Greta e Vanessa (le due ragazze rapite in Siria), come ha fatto quando ha usato l’account MariusMida che ha disconosciuto, dimenticando di averne rivendicato altrove la paternità. Insomma, un buon braccio destro per Di Maio, speriamo che salga.

di Marco Camillieri

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