Nuovi sviluppi sul caso Regeni: arrivano le immagini del giorno della scomparsa, ma continua lo sciopero della madre Paola
Il 29 maggio scorso sono state consegnate al pm incaricato delle indagini, Sergio Colaiocco, le ultime immagini di Regeni nei pressi della metropolitana del quartiere Dokki di Giza, dove il ricercatore italiano risiedeva: tuttavia Giulio non risulta in nessun frame, come se non fosse mai stato in Egitto, non fosse mai esistito. Sono passati più di 2 anni da quel 3 febbraio, giorno in cui fu rinvenuto il corpo di Giulio, scomparso il 25 gennaio 2016. Per tutto il tempo questi “scatti” sono rimasti delle mani della Procura Generale del Cairo.
Riporta “Repubblica” che sono stati analizzati oltre 10.000 fermo immagine, a cui si vanno a sommare oltre 100 sequenze video: tutto materiale scomposto che è stato recuperato e ricostruito grazie ad un software di ultima generazione russo.
Non solo, a metà mese Paola Regeni, madre di Giulio, ha iniziato uno sciopero della fame in segno di protesta contro l’arresto di Amal Fathy, moglie del consulente italiano in Egitto della famiglia Regeni, Lofty Fathy. La donna egiziana è stata messa in manette l’11 maggio con l’accusa di terrorismo: appena due giorni dopo Sergio Colaiocco è sbarcato al Cairo per acquisire nuovi elementi. E’ tutto un modo, seconda la famiglia Regeni, per depistare le indagini: “Nessuno deve più pagare – ha dichiarato la stessa Paola Regeni – per la nostra legittima richiesta di verità sulla scomparsa, le torture e l’uccisione di Giulio”.
Giulio Regeni era uno studente dell’Università di Cambridge che stava completando in Egitto una ricerca per dottorato incentrata sulle modalità di ricostruzione dei sindacati indipendenti sotto il regime di Al-Sisi: amava studiare tra la gente e piazza Tahrir è stata teatro di molte delle sue ricerche. Il giorno che è scomparso, il 25 gennaio, non è uno qualunque in Egitto: ricorre il terzo anniversario dall’ondata di manifestazioni popolari che portarono alla destituzione dell’ex presidente egiziano, Hosni Mubarak. L’autopsia parlò di “torture” e ritrasse il quadro di una “morte lenta”: ma ci fu anche chi, tra le autorità egiziane, parlò di “incidente stradale” dal momento che il corpo del 28enne fu rinvenuto ai margini della superstrada Alessandria-Il Cairo. Non resta che augurarsi e, qualora ci fossero, pretendere che nuove verità vengano alla luce, con la speranza che personalità come la professoressa Abelrahman, referente a Cambridge di Giulio, possano dare il loro decisivo contributo. O che qualcuno si metta sulle tracce di Mohammed Abdallah, il sindacalista con cui Regeni era in contatto e avrebbe ammesso di aver “venduto” il ricercatore italiano ai servizi segreti egiziani.
di Irene Tirnero