A 40 anni da quel colpo su Ponte Garibaldi Giorgiana Masi è ancora senza una verità
Poteva essere la madre o la zia di ognuno di noi, una qualsiasi di quelle donne e uomini che oggi appaiono “imborghesiti” e invece un tempo protestavano per un Paese migliore, negli anni di Piombo, delle bombe e del terrore. Eppure Giorgiana non è diventata né madre, né zia. A distanza di quarant’anni è rimasta 19enne, compagna, studentessa.
E’ il 12 maggio 1978: il Partito Radicale ha organizzato una manifestazione “pacifica e non violenta” a piazza Navona, in onore del terzo anniversario della vittoria del referendum pro divorzio. Eppure gli scontri iniziano presto, dal primo pomeriggio fino alla sera. E nelle contestazioni volano pallottole. Alle 20.05 ci scappa il morto. Giorgiana Masi, liceale in quinta ginnasio, viene colpita alle spalle da un colpo di pistola su Ponte Garibaldi e non si rialza più. “Sembrava un attacco epilettico – riferirono poi alcuni manifestanti – Non perdeva sangue, non si notava la ferita”. Più fortunata, ma anche lei ferita, fu un’altra giovane, Elena Ascioni, a cui un proiettile trapassò una coscia.
Il 16 maggio si celebrano a Roma i funerali della giovane, in una folla di mani levate al cielo, tra simboli femministi e pugni chiusi.
Decine di partecipanti alla manifestazione dichiararono che sul ponte si erano create due fazioni. Il colpo non poteva essere partito dai radicali, compagni della Masi: di certo a sparare era stato qualcuno dall’altra parte. Il fatto che Giorgiana abbia ricevuto il colpo alle spalle è già di per sé sintomatico; ma la versione dei manifestanti è stata confermata anche da alcune foto che ritraggono poliziotti in borghese con tanto di armi. L’allora ministro dell’Interno, Francesco Cossiga, dichiarò però tutt’altro. A confondere le acque emerse l’ipotesi per cui a uccidere Giorgiana furono dei “proiettili vaganti sparati dai dimostranti, forse i suoi stessi compagni”.
Negli anni Angelo Izzo, uno dei mostri del “massacro del Circeo” oggi alla ribalta delle cronache per aver ammesso l’omicidio di un’altra ragazza friulana, tirò in ballo Andrea Ghira, neofascista nonché amico dello stesso Izzo, come assassino della Masi. Nel 2001 si giunse a dire che la pistola da cui partì il colpo era stata rinvenuta in un covo delle Br. Tuttavia ogni ipotesi è vana dal momento che il 9 maggio, altra data storica, del 1981 fu chiesta l’archiviazione del caso Masi perché “ignoti i responsabili del reato”.
“La verità sta in cielo” sostiene il titolo del film di Roberto Faenza dedicato a Emanuela Orlandi, altro grande mistero italiano, e chissà quante altre cose “sono in cielo” insieme a Giorgiana, i coniugi Masi, lo stesso Cossiga e Giorgio Santacroce, pm incaricato delle indagini. A noi, qui sulla terra, per la precisione a Ponte Garibaldi, rimane una targa: “A Giorgiana Masi, 19 anni, uccisa il 12 maggio 1978 dalla violenza del regime”. Quale violenza ha ucciso Giorgiana? Quella di una fase storica del nostro Paese ancora difficile da comprendere o quella di uno Stato che sa bene come nascondere la polvere sotto il tappeto? Magari entrambe.
di Irene Tinero