Porrajmos-lo sterminio – capitolo cinque

Ti racconto lo sterminio. Porrajmos nella nostra lingua. La lingua Rom. Ti racconto come muoiono le donne e i bambini nei campi Rom. Ti racconto lo sterminio dell’indifferenza se hai la pazienza di ascoltarmi.

“Geylo è morto. Aveva meno di tre anni. E’ morto nella sua culla, tra le fiamme della sua roulotte. E’morto nel rogo che si è sviluppato nel campo Rom di Borgo Arpinova, alla periferia di Foggia. Geylo è morto solo, senza la sua mamma. E’ morto stringendo il suo orsacchiotto che bruciava più in fretta di lui, il pomeriggio del 18 dicembre di quest’anno, in una giornata fredda. Troppo fredda anche per sua madre che lo aveva coperto anche con il suo corpo.

Geylo aveva le labbra viola e le manine fredde. Due ghiaccioli. Aveva il nasino freddo che colava. Un ghiacciolo. Piangeva. Chiamava mamma e piangeva. La sua mamma, che prima per scaldarlo lo aveva abbracciato, gli ha preso le mani tra le sue, erano gelide, le ha avvicinate alla bocca soffiandoci sopra. In quel momento, avrà pensato alla grotta di Betlemme, al bue e all’asinello che scaldarono Gesù. Ma forse non conosceva questa storia.

Il piccolo Geylo continuava a piangere e a tremare. L’interno di quella vecchia roulotte era umido e freddo. Troppo freddo per un bambino di meno di tre anni.

Piangeva. Piangeva Geylo e tremava. La sua mamma non aveva più coperte. Non aveva più niente per scaldare il suo piccolo Geylo. Si è tolta il maglione e lo ha infilato al suo bambino. Poi è scoppiata a piangere. Fuori era umido e freddo. Dentro era ancora più umido e freddo.

Piangeva. Piangeva Geylo insieme alla sua mamma, e faceva freddo, tanto freddo.

D’istinto ha acceso una vecchia stufetta elettrica. Non l’aveva mai accesa. L’aveva recuperata vicino ad un cassonetto dei rifiuti. Sperava che il suo bambino si scaldasse le mani e il nasino. Sperava che smettesse di piangere. Cercava il suo sorriso.

Geylo gemeva, non aveva la forza di piangere. Tanto era freddo nella roulotte. Stringeva il suo orsacchiotto freddo e umido. Non poteva sorridere alla sua mamma. Non poteva baciarla sulle guance. Non poteva. Non poteva. Era troppo piccolo e aveva freddo. Troppo piccolo per alzarsi dalla culla e correre via. Troppo piccolo. Piangeva.

La sua mamma piangeva, senza maglione. Senza maglione usci di corsa per andare a chiedere aiuto, per chiedere coperte asciutte.

Trovò una stufa funzionante che avrebbe scaldato il suo piccolo e delle coperte asciutte. Mentre tornava vide le fiamme. Le fiamme dell’inferno. Lingue di fuoco e fumo nero. Fumo acre e dolciastro. Odore di carne bruciata. Odore di carne bruciata viva. Odore di bambino. Capì che era il suo bambino. Riconobbe il suo odore. Respirò l’odore del suo bambino che bruciava. Gli si spezzò il cuore. Impazzì. Si gettò tra le fiamme. cadde a terra svenuta e semibruciata ma ancora cosciente sentiva le urla. Le urla del suo bambino che bruciava vivo e chiamava la sua mamma. Mamma, mamma, mentre le fiamme lo ardevano vivo la sua mamma non c’era. Non c’era nessuno nella sua culla. Geylo è morto con indosso il maglione della sua mamma stringendo il suo orsacchiotto umido che bruciava più in fretta di lui. Geylo è morto la settimana prima di Natale. E’ morto di freddo tra le fiamme. Non aveva ancora compiuto tre anni. Porrajmos. La settimana dopo, il 26 dicembre 2008 è morto il piccolo Kristinel Verbuncu, non aveva ancora compiuto tre anni. E’ morto di freddo tra le fiamme della sua baracca, insieme alla sua mamma, nella pineta di Castel Fusano vicino Roma. Il piccolo Kristinel è morto bruciato il giorno dopo di Natale. Porrajmos.

Giada è morta. E’ morta nella sua culla. Aveva solo ventiquattro giorni. E’ morta di freddo nel campo Rom di Scafati in provincia di Salerno il 25 gennaio 2004. Porrajmos.

Chiara Halilovic, piccola Rom, è morta bruciata a marzo del 2002 a Roma. Porrajmos.

E poi Joseph, piccolo Sinto, Cristina Mihalache e Nicolae Ihnut bruciati anche loro. Porrajmos. Porrajmos.

di Claudio Caldarelli