COSA HANNO IN COMUNE I PARTITI DI SINISTRA, PAPA FRANCESCO E L’ANTIMAFIA

Il titolo può sembrare provocatorio ma non lo è… Vediamo assieme il perchè.

I partiti della sinistra, Papa Francesco e l’antimafia, sia chiaro tre entità in toto diverse, hanno in comune la tecnica usata contro di loro: il conflitto cangiante, multiplo, esterno e sorgivo spesso indotto.

Spiegato così può sembrare una sorta di supercazzola alla amici miei ma non è così… È una cosa serissima e che ha dietro delle menti raffinatissime.

Prendiamo i principali partiti della sinistra soprattutto in Italia, ma non solo, hanno provato a combatterli duramente con un conflitto da fuori per oltre 100 anni, con sconfitte e vittorie, ma li hanno resi quasi insignificanti solo quando è mutata la loro classe dirigente, la quale ha causato un conflitto sorgivo indotto che de facto li ha ridimensionati, si spera temporaneamente, condannandoli alla scomparsa.

Passiamo a Papa Francesco. Amatissimo per le posizioni sociali e teologicamente preparato. Il primo

attacco frontale lo subisce sul piano delle posizioni da lui sostenute.Non riescono a scalfirlo. Nel frattempo i sempre più numerosi scandali sessuali che riguardano soprattutto gli abusi sui minori e che vedono il Papa combatterli duramente toccano il forte potere di chi non vuol cambiare. Il conflitto quindi diventa multiplo e sorgivo indotto. Mentre continuano gli attacchi esterni sulle posizioni sociali si insinua il dubbio che il Papa è come gli altri, ossia dice una cosa ma in realtà copre gli abusi. Il dubbio. E via con gli attacchi mediatici. Ma lui resiste bene al momento. Per fortuna è un Gesuita con la G maiuscola ed i Gesuiti sono esperti dei conflitti.

È arrivato il momento di parlare della antimafia.
L’antimafia sociale che nasce a fine 800 in Italia, ben prima della antimafia istituzionale arrivata con 90 anni di ritardo, ha fatto danni alla mafia enormi. Il fondersi delle due antimafia sociale ed istituzionale ha rappresentato un pericolo per la sussistenza delle organizzazioni mafiose che hanno reagito con il conflitto armato, ma che non è riuscito nel suo intento. Quindi al conflitto esterno che cala di visibilità ma permane, fatto da minacce ed attentati, si passa a quello sorgivo indotto favorito dall’io presente in alcuni soloni dell’antimafia che vengono usati dalla mafia, in primis cosa nostra, che ha iniziato tale strategia con l’isolamento di Falcone, per arrivare alla sua uccisione. Oggi al momento è fortemente attivo tale conflitto multiplo esterno e sorgivo interno partito nel 2013 e che ha quasi distrutto il movimento antimafia. Si è arrivati al punto che la mafia si è scelta la sua antimafia sorgiva per usarla a piacimento per una finta contrapposizione.

Ma a questo punto quali sono nella pratica i mezzi che poi si usano in tali conflitti:

  • Campagna di delegittimazione che parte da alcuni media prezzolati e corrotti per poi estendersi a 360 gradi.
  • Campagna di fuoco amico. I magistrati per bene verranno attaccati dai propri colleghi. Le forze dell’ordine per bene dai colleghi deviati. L’antimafia sociale vera da quella finta e deisoloni. I prelati bravi dai cattivi. E via dicendo.
  • Campagna di depistaggio. Utilizzo di prove false e di testimoni falsi. Oggi è facilissimo.

Come può uscire da questa situazione chi è stato preso di mira? È possibile ma complicato.Ma da analista quale sono proverò a dare alcuni consigli.

Innanzitutto bisogna conoscere e studiare il nemico ed i tipi di conflitto per non farcisi trascinare. Se nonostante questo il conflitto permane bisogna attuare le cosiddette tecniche di contrasto che rendono il cosiddetto re, nudo. Tecniche complesse difficili da spiegare in un articolo.

L’importante è mantenere la freddezza necessaria ed informare l’opinione pubblica in mpdo da non avere danni o ridurli al minimo.
L’importante oltre a non farsi trascinare nel conflitto come detto sopra è eventualmente gestirlo per arrivare alla vittoria senza lasciare feriti nella parte avversa.

Citando in modo libero E. Burke concludo dicendo che il male prevarrà solo se i buoni rinunceranno all’azione.

di Salvatore Calleri