Un Governo senza Salvini

Agosto 2019. Percorro la Sicilia da Palermo a Sciacca puntando verso ovest. Coste di mare turchese e pietra dorata nei paesi dell’interno: Mondello, Capaci, Carini, Terrasini, Salemi, Marsala. Mare mare, muro muro, spiaggia spiaggia, ogni bar, ogni lettino sotto l’ombrellone, ogni tavolino di ristorante nomina Salvini. Il Capitano non piace ai siciliani, che ancora masticano amaro il ricordo dell’impresa di Garibaldi che li ha prima liberati e poi “ceduti” ai Savoia. Da allora ancora la Sicilia diffida delle promesse che vengono dal Nord.

La Sicilia s’era svegliata con un pensiero politico nuovo, a 5 stelle, poco più di un anno fa, ma l’entusiasmo pentastellato è svanito in fretta.

“Salvini? Di economia non capisce niente”
“La Trenta? Ha sposato due donne e ha ballato su una nave. Un ministro queste cose non le fa”
“Toninelli? Chi è Toninelli? Un’animella. Faceva l’assicuratore…”

Chiacchiere insistenti, tutte uguali, percorrono la Sicilia da Palermo a Mazara del Vallo, come se di nuovo Garibaldi avesse ”conquistato” la Sicilia per rimetterla nelle mani di uno sgradito sovrano del Nord.

Stanca, delusa, smagata, sempre più isola e sempre più isolata…Cosa vorrebbe oggi la Sicilia? Parafrasando una vecchia amaca di Michele Serra: un governo senza Salvini. Istituzionale, elettorale, che duri molto, che duri poco: ma senza Salvini. Un governo a scadenza, di corto respiro, di larghe intese, con molti ministri, con pochi ministri: ma senza Salvini.

Un governo infelice, tecnico, miserando: ma senza Salvini. Un governo parlamentate, costituzionale, preasidenziale, semi-presidenziale o di cancellierato: ma senza Salvini. Che restauri la monarchia o instauri la dittatura del proletariato: ma senza Salvini. Che riscriva la Costituzione anche con qualche errore di grammatica: ma senza Salvini. Questo chiederebbero i Siciliani ( e non solo loro) in questa metà d’agosto bollente, guardando dalle coste il loro mare, preoccupati per il proprio destino e per quello delle persone immobilizzate sulle lamiere bollenti delle navi delle ONG, ferme a un passo dalla costa tra la speranza di attraccare in Europa e la paura di tornare in Libia.

di Daniela Baroncini