“Nemmeno una bugia…”
«Care persone Fatene Tesoro Di Questo Lenzuolo Che C’è Un Po’ della Vita Mia».
L’ho guardato con estasiasmo questo lenzuolo, perché è un’opera d’arte.
Quella che tento di raccontarvi è una storia vera, la storia di una donna, Clelia e della sua vita di sofferenze ma anche d’amore.
Si trova scritta su un lenzuolo (sì, avete capito bene). E questo lenzuolo contiene una vita intera, quella di Clelia, dal titolo “Gnanca na busia” (“Nemmeno una bugia”).
Se Vi dovesse capitare di andare ad Arezzo, recatevi a Pieve di Santo Stefano. Lì vivrete le stesse emozioni che ho vissuto io. Emozioni uniche, autentiche. In questo archivio dei Diari (8.500 tra diari, memorie e lettere), troverete e ascolterete centinaia di storie. Il cuore si stringe davanti a chi ha vissuto l’occupazione, a chi è stato costretto ad emigrare, di donne che hanno affidato alla scrittura la violenza che subivano dal marito e di chi venne fucilato, giovanissimo, alle Fosse Ardeatine, di chi venne perseguitato o di chi visse un amore impossibile.
E poi c’è, appunto, la storia di Clelia, scritta su quel lenzuolo. Racconta dei suoi tanti fratelli, della mamma che andava a lavorare per mandarli a scuola, di lei che badava ai più piccoli e che metteva insieme pezzi di vestiti con la canapa e che fino a tarda ora, fin da piccola, stava alzata per filare le lenzuola. Scrisse del lavoro nei campi, quando si pestavano gli escrementi caldi delle vacche, durante l’inverno, per scaldarsi i piedi, dei pranzi a base di mezze fette di polenta e di mezzi fichi. E poi, di Anteo, che incontrò mentre legava la paglia da quel padrone dove il padre era contabile. E del quale si innamorò. Il marito morì e nelle sue notti di dolore, Clelia cominciò a fare insieme una cosa che aveva fatto da sempre, cucire, e un’altra che non aveva fatto mai, scrivere. Rammendò in quel lavoro quotidiano la sua vita di prima e quella nuova, segnata dall’assenza dell’amore. Quel lenzuolo matrimoniale non venne più usato per amare qualcuno ma solo per ricordare quella vita, d’amore, di povertà, di sofferenza.
Oggi quella storia è affidata a Noi. Va letta. Per capire cosa voglia dire amare e cosa voglia dire sognare.
Ho pianto, ma non era solo tristezza, era gioia: perché il nostro è proprio un grande Paese, fatto da persone meravigliose. Come Clelia.
Paolo Borrometi