Trump e “l’accordo del secolo”

Come l’ultimo dei piazzisti, il presidente Donald Trump cerca di vendere all’elettorato americano il suo “l’accordo del secolo”. Lo fa, smerciando merce non sua, dando il via ad una ingloriosa opera di distrazione di massa che allenti l’attenzione dal suo processo per impeachment.
Lo pseudo piano, accolto più che favorevolmente dal premier israeliano Netanyahu – anche lui alle prese con la giustizia per corruzione, frode e abuso d’ufficio – è stato respinto da tutte le fazioni palestinesi.
L’accordo del secolo, che conferma le indiscrezioni trapelate già nel novembre del 2017, contempla la creazione di uno Stato palestinese indipendente con confini provvisori su appena metà della Cisgiordania e della Striscia di Gaza e la rinuncia a Gerusalemme Est. Uno pseudo stato a sovranità limitata, privo di un controllo sulle frontiere – che resterebbe nelle mani di Israele – e con capitale ad Abu Dis, un quartiere di Gerusalemme est ma fuori dal muro. Gerusalemme, infatti, secondo il piano americano diventerebbe capitale indivisa di Israele. Il piano Trump, esclude inoltre qualsiasi diritto al ritorno e lascia allo Stato ebraico il controllo della Valle del Giordano. In cambio i Palestinesi riceverebbero aiuti finanziari per 50 miliardi di dollari, a patto che venga bloccata Hamas e “si rinunci al terrore”, e la sospensione per quattro anni (?) dell’insediamento di nuove colonie ebraiche sul suo territorio.
Alla riunione d’emergenza della dirigenza palestinese a Ramallah, il presidente dell’Autorità nazionale (ANP), Mahmoud Abbas – che presenterà alle Nazioni Unite una risoluzione sul piano Trump in Medio Oriente – ha dichiarato inaccettabile ogni progetto che non preveda la soluzione di due stati basata sui confini del 1967.

Conoscendo quanto la politica regionale del presidente americano sia sbilanciata a favore di Israele – come dimostra il riconoscimento di Gerusalemme a capitale e il trasferimento dell’ambasciata americana – nessuno si aspettava un vero sforzo alla ricerca di una pace fondata sul diritto internazionale ma neppure che l’offerta ai palestinesi si riducesse alla svendita dell’idea nazionale in cambio di dollari.

È certo che la mossa, tutta di politica interna, di Trump non porterà a nessun passo avanti sulla strada dei due Popoli due Stati. Piuttosto rischia di dare il via a nuove misure unilaterali israeliane e nuove annessioni di territori palestinesi.

Cosa non si fa per un pugno di voti.

di Enrico Ceci