L’affido condiviso e la frequentazione dei figli in emergenza Coronavirus
Il diritto/dovere di visita dei genitori è da considerarsi recessivo rispetto alle limitazioni poste alla circolazione delle persone, legalmente stabilite a norma degli artt. 16 e 32 Cost.
L’emergenza sanitaria Covid-19 ha determinato il legiferare di numerosi DPCM (Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri) e di Circolari interpretative da parte dei rispettivi Ministeri. Scopo primario delle norme poste dai DPCM emanati è una rigorosa e universale limitazione dei movimenti sul territorio, deputata al contenimento del contagio, con conseguente imposizione ai cittadini italiani di restare in casa, e di uscire solo per motivi strettamente correlati ad esigenze lavorative, di salute e cause di necessità.
Orbene se per le prime due categorie non è stato sollevato alcun dubbio interpretativo, per la terza categoria i dubbi sono sorti in relazione alla fruizione dei diritti di visita, all’espletamento della potestà genitoriale ed annessi doveri. Infatti, i genitori separati e/o divorziati si sono domandati se il diritto di vedere i figli, quale esplicazione del principio dell’affido condiviso, costituisca una causa di necessità che valga a legittimare l’uscita dalla propria abitazione.
Se da un lato il mancato rispetto dei provvedimenti (cd. Ordinanze Presidenziali) emanati dai Tribunali Italiani in ordine all’affidamento condiviso può costituire un motivo di responsabilità civile e penale da far valere nelle competenti sedi opportune, dall’altro le restrizioni imposte con i DPCM e il diritto alla salute garantito dalla Costituzione, impongono al genitore di non rispettare quei provvedimenti. Come allora comportarsi?
La giurisprudenza è intervenuta chiarendo che il genitore separato/divorziato può uscire di casa per recarsi presso l’abitazione dell’ex coniuge ed incontrare i figli o, se previsto, portarli presso la sua abitazione per il pernotto. Ciò costituirebbe una causa di necessità da inserire nell’autocertificazione.
Ma cosa succede se uno dei due genitori vive in un Comune diverso?
Secondo le iniziali pronunce di merito anche nell’ipotesi in cui uno dei due genitori viva in un Comune diverso era consentito uscire di casa specificando nell’autocertificazione il diritto di visita riguardo i propri figli. In realtà però, nell’ultimo periodo, l’ingravescenza della situazione pandemica ha visto insorgere i genitori collocatari preoccupati per la salute dei figli minori e di loro stessi, determinando il consolidamento di diverso orientamento giurisprudenziale.
Il DPCM del 22 marzo 2020, che ha previsto ulteriori restrizioni alla circolazione, per contrastare il contagio da Covid-19, ha imposto il divieto a tutte le persone fisiche di trasferirsi o spostarsi, con mezzi di trasporto pubblici o privati, in un Comune diverso rispetto a quello in cui attualmente si trovano, salvo che per comprovate esigenze lavorative, di assoluta urgenza ovvero per motivi di salute.
Assumendo in disamina l’attuale compendio normativo, rispetto a quanto disposto dall’art. 1, lett. a, del DPCM 8 marzo 2020, risultano soppresse “le situazioni di necessità” e non sono più consentiti gli spostamenti per rientro presso il proprio domicilio, abitazione o residenza.
In tale mutato quadro normativo si pone il problema di come gestire la frequentazione tra i genitori separati e i figli dislocati in città o regioni diverse, in relazione alle visite fruibili dal genitore non convivente.
In un primo momento, sembravano essere consentiti gli spostamenti dei genitori che si recavano a prendere i figli in ottemperanza di un provvedimento dell’autorità giudiziaria, che aveva precedentemente disposto modalità di affidamento e frequentazione.
Le disposizioni erano state interpretate nel senso che gli spostamenti per raggiungere i figli minorenni presso l’altro genitore o comunque presso l’affidatario, oppure per condurli presso di sé, fossero consentiti, in ogni caso secondo le modalità previste dal giudice con i provvedimenti di separazione o divorzio.
La Circolare del Ministro dell’interno del 23 marzo 2020 ha tentato di fare chiarezza sulle nuove misure limitative degli spostamenti. La previsione introdotta dal nuovo D.P.C.M. appare destinata ad impedire gli spostamenti in Comuni diversi da quello in cui la persona si trova, laddove non caratterizzati dalle esigenze previste dalla norma stessa. Ma lo stesso Governo nelle proprie FAQ aveva chiarito essere autorizzati gli spostamenti per permettere a ciascun genitore di esercitare il diritto di visita e frequentazione dei figli, tant’è che nel modello di autocertificazione rilasciato il 26 marzo 2020, sono stati inseriti tra i “motivi di necessità” da dichiarare gli “obblighi di affidamento di minori”.
Negli ultimi giorni si sta assistendo ad una inversione di tendenza da parte di diversi Tribunali che, su presentazione del ricorso da parte dei genitori collocatari, stanno modificando i provvedimenti iniziali, vietando il diritto di visita dell’altro genitore, perché non si deve in alcun modo mettere a rischio la salute dei minori e dell’ex. In sostanza: il diritto alla salute prevale sul diritto di visita.
Tutto questo sta provocando non pochi problemi dal punto di vista giuridico, sociale e psichico, ignorati dai più, in quanto occupati a contrastare la diffusione del virus.
Una soluzione che contemperi sia il diritto di vista del padre che la salute dell’ex e del minore andrebbe individuata nella fruizione dei diritti di visita in modalità alternativa “on line”. Ciò in quanto la fisica distanza tra genitori e figli, ove sostanzialmente prolungata, non può tradursi in un difetto di tutela delle diverse sfere di posizioni giuridiche, non solo in termini di obblighi genitoriali, ma di diritti tanto dei genitori stessi quanto, soprattutto, dei bambini.
Un recentissimo provvedimento è stato a riguardo adottato dal Presidente della Corte di Appello di Bari Sezione Famiglia, con ordinanza del 26 marzo 2020, la quale ha disposto, la sospensione delle visite del padre, in considerazione della situazione di emergenza, che rende impossibili gli incontri e indicato quale modalità di esercizio di frequentazione, lo strumento della videochiamata Whatsapp, Face-Time o Skype.
Nella motivazione si legge che lo scopo primario delle norme poste dai DPCM emanati è una rigorosa e universale limitazione dei movimenti sul territorio, diretta al contenimento del contagio, con conseguente sacrificio di tutti i cittadini, dunque anche dei minori. Viene così stabilito che il diritto/dovere di visita dei genitori è da considerarsi recessivo rispetto alle limitazioni poste alla circolazione delle persone, legalmente stabilite a norma degli artt. 16 e 32 Cost. Il giudice, rilevando la necessità di garantire la relazione tra i minori e la madre con le modalità che consentano la tutela della salute di ciascuno, ha disposto in via d’urgenza che il padre consentisse ai minori collegamenti con la madre via Skype o con videochiamata. Attraverso la web-cam passano, la faccia, la voce, le espressioni, con tutto il loro vibrato di sentimenti, i quali, benché non possono sostituire la presenza fisica, si appalesano come efficacemente deputati a colmare quell’insostenibile ed inafferrabile vuoto affettivo-temporale.
Ecco che nell’attualità di una interpretazione sistematica ed integrata di questi ultimi provvedimenti e delle linee guida indicate dal Governo si ritiene doveroso un bilanciamento dei plurimi diritti in gioco. Diversi sono infatti i diritti coinvolti: il diritto alla bigenitorialità del figlio in primis, il diritto del genitore non collocatario alla sua frequentazione (come stabilito da un provvedimento dell’autorità giudiziaria), la tutela della salute fisica del figlio. A ciò si aggiunga il diritto alla salute pubblica, riconosciuto dall’art. 32 della Costituzione e sulla cui base sono state emanate le misure limitative nell’ambito del contenimento della pandemia. Nel quadro di un ponderato bilanciamento ciò che sarebbe auspicabile è evitare decisioni unilaterali pervenendo possibilmente a soluzioni concordate tra i genitori, tenuto conto delle singole e particolari situazioni in cui si viene a trovare ogni famiglia.
E’ da ritenersi giusto oltre che ragionevole che in tale delicato e rischioso segmento storico ciascun figlio di genitori separati o divorziati resti nella sua residenza e l’altro genitore abbia con lui plurimi e costanti rapporti telefonici, contatti giornalieri “on line” a mezzo videochiamate whatshapp o via skype, privilegiando dunque l’utilizzo di mezzi informatici. Ciò nel rispetto delle prescrizioni governative e a tutela rigorosa della salute, da intendersi quale bene di rango costituzionale oggetto di tutela preminente.
In una situazione penalizzante quale quella odierna, garantire l’esercizio del diritto di visita di un genitore attraverso l’utilizzo di internet, è destinato ad aprire nuovi scenari nel campo delle relazioni umane, in una dimensione innovativa ed arricchente e, decisamente incoraggianti sul piano della qualità dei rapporti genitori-figli, nell’ottica di una significativa valorizzazione di un percorso formativo ed educativo sereno ed equilibrato, coniugando, in modo sensibilmente pragmatico, la necessità della fisicità affettiva con la peculiarità di un mezzo atto ad annullare le distanze, al fine di impedire, attraverso tale civile forma di compromesso, la nebulizzazione del concetto di famiglia tradizionale a favore di una fisiologica effervescenza affettiva a vantaggio della stessa salute psico-fisica dei minori.
Avv. Antonella Virgilio