UNA PERICOLOSA EPIDEMIA DI VACCINAZIONI

La possibilità di una nuova ondata di COVID19 nel prossimo autunno fa paura a tutti. Stavolta sarà bene giocare d’anticipo, affilare le armi per fermarla subito, se proprio dovesse esserci: organizzazione della sanità territoriale, ospedali pronti, tempestivo tracciamento dei contatti, disponibilità dei presidi protettivi, protocolli di cura più efficaci sulla scorta dell’esperienza pregressa. Cioè, tutto quel che è mancato in questa ondata epidemica e che, mancando, l’ha trasformata in una incredibile ondata di morte e di sofferenza, nonché in un grave danno all’economia del paese.

Questo ci aspetteremmo dai “decisori politici”, dei quali abbiamo ora meglio compreso l’importanza: non sono soltanto delle persone a caccia di voti, inclini al nepotismo ed alla corruzione, come potrebbe forse sembrare. Hanno invece l’onore e l’onere delle decisioni da cui dipende il nostro futuro, talvolta la nostra stessa vita. Quando li votiamo, facciamo una scelta delicata. E già: anche questa è una lezione preziosa della pandemia. Certamente per noi e – si spera – anche per la classe politica.

Perciò, sono rimasto sorpreso, anzi allarmato, nell’apprendere che i più importanti provvedimenti presi o annunciati nell’ottica di un possibile ritorno della malattia non riguardano le misure di cui sopra. Sembra, infatti, che i provvedimenti cardine della nuova strategia siano di rendere obbligatorie le vaccinazioni contro influenza e polmonite pneumococcica per gli “over 65” e per gli operatori sanitari, o la vaccinazione antinfluenzale per i bambini sotto i 6 anni. Non è faccenda di poco conto, anche se poco se ne parla e non esiste alcun dibattito pubblico sull’argomento. Anzi, si direbbe che il modo in cui i provvedimenti vengono preparati sia un po’ sotto traccia, per poi improvvisamente concretizzarsi in qualcosa di blindato dalla necessità e dall’urgenza. 

Vediamoli un po’ più da vicino, questi provvedimenti: sono cose importanti, ne va della nostra salute, se non della nostra vita.

Il primo è “l’ordinanza del presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti su proposta dell’Assessore alla Sanità, Alessio D’Amato per rendere obbligatoria la vaccinazione antinfluenzale e anti pneumococcica per tutti i cittadini over 65 anni e tutto il personale sanitario”: così si legge nel sito della Regione.

Ma non si parlava del rischio covid? Certo, infatti così chiosa Zingaretti: lo facciamo “per raccogliere l’appello lanciato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) per ridurre i fattori confondenti per il COVID-19 in presenza di sintomi analoghi”.

E perché sono sorpreso?

Perché l’articolo 32 della Costituzione (quello in cui si dice che “la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti”) così recita riguardo all’obbligatorietà di una cura: “Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge”. E già, ma un’ordinanza del presidente della Regione non è una disposizione di legge. Se proprio si deve conculcare il diritto del cittadino a scegliere come curarsi e, contestualmente, derogare dall’obbligo del consenso informato (due aspetti non marginali, ma essenziali del rispetto della persona umana), allora deve farlo il Parlamento con una legge ad hoc, non un presidente di regione con un’ordinanza. Alcuni giuristi mettono addirittura in dubbio la legittimità dell’obbligo vaccinale del 2017, perché fu stabilito per decreto, cioè con un atto del governo, e non con un canonico iter legislativo.

Certo, sembra proprio che la Costituzione sia poco considerata dai nostri politici, o forse non valga per i governi regionali…

Ci sarebbe poi la convenzione di Oviedo del 1999 che ribadisce l’obbligatorietà del consenso informato come parte essenziale dei diritti umani in ambito sanitario: un “governatore” regionale, per quanto volonteroso, non può infischiarsene con tanta nonchalance.

In conclusione, se davvero si deve derogare da Costituzione e convenzioni internazionali, deve farlo il Parlamento, e per motivi seri e comprovati: ma anche su questi c’è molto da dire.

Si diceva, sono anche allarmato.

Qui il discorso è più complesso e devo tirare in ballo alcune considerazioni tecniche.

Esiste un’associazione denominata Cochrane Collaboration. È un gruppo internazionale no-profit, che si avvale della collaborazione di 280.000 tra operatori sanitari, ricercatori e rappresentanti di associazioni di pazienti in oltre 100 paesi del mondo, che ha lo scopo di raccogliere, valutare criticamente e diffondere le informazioni relative all’efficacia ed alla sicurezza degli interventi sanitari. È un riferimento essenziale per comprendere l’autentico valore di quanto viene pubblicato, anche in considerazione dei sempre possibili conflitti d’interesse delle case farmaceutiche, che promuovono e finanziano non poche ricerche. Per un medico “lo dice Cochrane” ha lo stesso senso che per un prete “lo dice il Vangelo”: mutatis mutandis e con il dovuto rispetto, hanno la stessa autorevolezza.

Ebbene, che cosa dice Cochrane riguardo ad una campagna vaccinale antinfluenzale ed anti pneumococcica?

Dice che, secondo la sua valutazione critica degli studi effettuati sui vaccini antinfluenzali negli over 65 (proprio la categoria di cui parla l’ordinanza), bisogna vaccinare 30 persone per ottenere che una sia immune dall’influenza; e addirittura 42 per averne una immune dalle “malattie simil-influenzali” o ILI (influenza like illness), cioè da quell’insieme di sintomatologie influenzali e parainfluenzali che si considerano “fattori confondenti” per il covid19.

Lo so, può sembrare incredibile, perciò vi riporto il testo dell’articolo originale: “These results indicate that 30 people would need to be vaccinated to prevent one person experiencing influenza, and 42would need to be vaccinated to prevent one person having an ILI”: Cochrane Database Syst Rev. 2018 Feb 1:CD004876.

Nello stesso articolo, le notizie relative alle complicanze da vaccino sono definite di scarsa qualità o datate: non forniscono una chiara guida per la salute pubblica riguardo alla sicurezza o all’efficacia dei vaccini antinfluenzali negli over 65. (“The available evidence relating to complications is of poor quality, insufficient, or old and provides no clear guidance for public health regarding the safety, efficacy, or effectiveness of influenza vaccines for people aged 65 years or older”).

In parole povere: il vaccino antinfluenzale negli anziani è di scarsissima efficacia, le sue complicanze non sono studiate adeguatamente, e non trova indicazione per le vaccinazioni di massa.

Sulla vaccinazione anti pneumococcica, la Cochrane rileva che è abbastanza efficace nel prevenire la sepsi pneumococcica, ma non sembra efficace nel prevenire le polmoniti o la mortalità negli adulti (“The available evidence does not demonstrate that pneumococcal polysaccharide vaccines prevent pneumonia (of all causes) or mortality in adults”). Non c’è nessuna “evidenza” che ne giustifichi l’uso routinario (né, tanto meno, obbligatorio: ma un’ipotesi così originale e stravagante non era neanche venuta in mente agli autori dell’articolo): “The meta-analysis does not provide evidence to support the routine use of PPV to prevent all-cause pneumonia or mortality” (Vaccination for preventing pneumococcal infection in adults, Cochrane Database Syst Rev. 2013 Jan 31:CD000422).

Ma che cosa hanno a che vedere queste vaccinazioni con il COVID19? Nessuno può pensare che possano proteggere dal coronavirus. Stando al sito della Regione Lazio, infatti, la finalità è di “ridurre i fattori confondenti per il COVID-19 in presenza di sintomi analoghi”, cioè di facilitare la diagnosi di COVID-19.

Per quanto riguarda il vaccino antinfluenzale, è abbastanza evidente che è impossibile: come potrebbe “ridurre i fattori confondenti” se occorre vaccinare 42 persone per averne una sola esente da sintomi influenzali? Lo ripeto: è uno sforzo assolutamente inutile, sproporzionato e, oltretutto, costoso rispetto all’inconsistenza del risultato. Nottata persa e figlia femmina, direbbe Camilleri.

Per quanto riguarda la polmonite pneumococcica, invece, i “fattori confondenti” già non esistono: qualunque medico (ma anche uno studente degli ultimi anni di medicina) sa diagnosticarla con il solo aiuto di un fonendoscopio; nei casi dubbi, basta fare una radiografia standard del torace. Ma, visto che nessuno confonderebbe una polmonite pneumococcica con una polmonite da coronavirus, che cosa vuol dire “ridurre i fattori confondenti”? Ma poi, non è neanche dimostrato che il vaccino protegga dalla polmonite. E allora? Ci vorrebbe un vaccino contro la confusione mentale!

Queste considerazioni non possono non suscitare allarme e preoccupazione. È evidente che il “decisore politico” è completamente fuori strada. Non solo la sua ordinanza ignora la Costituzione e una convenzione internazionale, ma è del tutto priva di fondamento scientifico. Confesso che ho qualche dubbio sulla salute mentale dei suoi estensori. Ma a chi fanno riferimento per gli aspetti tecnici delle loro decisioni politiche?

In attesa di una improbabile risposta, vorrei evidenziare un’ulteriore assurdità del provvedimento.

Proporre un vaccino (anzi addirittura due) al fine di facilitare la diagnosi di una malattia, o comunque si voglia intendere “ridurre i fattori confondenti”, vuol dire dare una indicazione d’uso per la quale non esiste alcuna autorizzazione. Infatti, qualunque vaccino, come qualunque farmaco, può essere usato limitatamente alle indicazioni riconosciute, stabilite dagli organi preposti e scritte sui documenti previsti. Ma tra queste, l’uso a fini diagnostici (o “sconfondenti”, se permettete un brutto neologismo) non è contemplato. I fattori confondenti si riducono con le opportune indagini diagnostiche: non è lecito farlo con i vaccini. Il medico che li somministrasse a tale scopo verrebbe meno alla deontologia professionale, e potrebbe rischiare una sanzione penale. Si tratterebbe, infatti, di una ingiustificata indicazione “off label”, cioè difforme dall’indicazione per cui quei prodotti sono autorizzati.

di Cesare Pirozzi

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