Marco Cappato non è un assassino

Pochi giorni fa, la Corte Costituzionale ha emanato una sentenza che getta le basi di una nuova regolamentazione in Italia, riguardo“l’ aiuto al suicidio”.

Tutti ricordiamo la vicenda di Dj Fabo, l’uomo che in seguito ad un incidente stradale aveva detto addio alla vita che amava, trasformandosi in poco più che un vegetale, con un unico, ultimo, desiderio: abbandonare quella vita, quel corpo che non sentiva più suo, che intrappolava il suo spirito da sempre iperattivo e voglioso di fare.

Dj Fabo è andato a morire in pace in Svizzera, perché in Italia non si può. Lo ha accompagnato Marco Cappato.

Quest’ultimo, nel settembre 2015 fonda l’intergruppo parlamentare per la legalizzazione dell’eutanasia e del testamento biologico. Vuole ottenere una calendarizzazione sul tema dell’eutanasia in Parlamento, e per farlo inizia un atto di disobbedienza civile: si autodenuncia ogni volta che aiuta una persona ad ottenere l’eutanasia. Così è stato anche con Dj Fabo.

Il suo obiettivo, ora, l’ha raggiunto. La Corte Costituzionale ha emesso a sentenza: è non punibile chi agevola l’esecuzione del proposito di suicidio, autonomamente e liberamente formatosi, di un paziente tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetto da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche e psicologiche che egli reputa intollerabili, ma pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli.

Dopo questa sentenza, ecco ora l’obbligo per il Parlamento di legiferare in materia.

Sicuramente qualcosa cambierà, speriamo in meglio, affinché il nostro Paese renda le persone libere di decidere. Decidere se voler soffrire o meno, decidere se voler “peccare” o meno, decidere per la loro vita, per il loro corpo e per la loro anima.

di Ludovica Morico