Chi può fare il Premier in un governo serio ?

Al massimo entro la prima metà dell’anno prossimo si voterà per il rinnovo del Parlamento. Con le attuali leggi elettorali, ma anche con quelle che potranno essere decise nei mesi a venire è quasi certo che non ci saranno maggioranze assolute del e sarà giocoforza tentare alleanze. E in esse un problema reale sarà la scelta del Presidente del Consiglio (lo chiamerò Premier per semplicità, in avanti). Sarà una scelta tra forze eterogenee, che dovranno trovarne uno gradito, o forse, meglio, uno non sgradito.

Sono convinto che il primo governo post elettorale non reggerà a lungo.
Mi auguro però che il suo andamento serva a convincere la gente di due cose: che la politica è una cosa seria, non ci sono sostituti su Internet; e che il governo non può essere una continuo annuncio di novità, ma uno strumento di cose concrete. Cioè che tiene conto dei bisogni di tutti, in particolare degli ultimi, per renderne più degna la vita.
Va da sé che queste cose possono essere fatte solo da un governo progressista, per il quale lo sfruttamento è una piaga della società e non una fonte di profitto. E c’è da sperare che il confuso laboratorio di avvicinamento tra le forze di sinistra oggi in essere arrivi in tempo a fare una vera proposta programmatica.

C’è un proverbio africano, citato da Enrico Letta nel suo ultimo libro, che dice: “Se vuoi correre veloce, vai da solo. Se vuoi andare lontano, devi farlo insieme”. Dovrebbe essere nella coscienza di chiunque si trovi ad essere Premier di uno schieramento progressista, quel proverbio.
Negli ultimi tre anni siamo andati di corsa, è stata la scelta di chi ha voluto essere solo.
Ma i problemi sono rimasti, i ricchi sono sempre più ricchi, i poveri sempre più poveri.
I giovani sono senza lavoro e senza speranze, gli anziani stentano a pagarsi le cure mediche.
Ma la crisi di questi anni ci visto tra gli ultimi in Europa, e tra gli ultimi in una ripresa faticosa.
Ma la nostra gente, che fu popolo di migranti lontano, negli Stati Uniti, in Argentina, in Africa, in Australia e vicino, in Francia, Belgio, Germania, non riesce ad accettare migranti dei quali, dopotutto, abbiamo anche bisogno.

Per sperare in un futuro diverso, per andare lontano, dobbiamo farlo insieme. Non è più tempo di un uomo solo al comando, anzi, non lo è mai stato.
Ci servono persone che abbiano maturato ideali, che abbiano la competenza politica, che conoscano e siano conosciute in Europa e nel mondo.
Persone. Con le quali fare un tratto di strada insieme.
Per un mondo giusto, più solidale verso tutte le donne e gli uomini della terra.
Persone. Che abbiano attenzione per la rivoluzione incruenta di papa Francesco, la rivoluzione dell’amore, del rispetto dell’ambiente, della dignità per tutte le persone sulla terra.

Mi sono venute a mente due persone, persone vere, diverse tra loro per formazione, ma con esperienze di alto livello, e con capacità dimostrata, che potrebbero essere i Premier di cui l’Italia ha bisogno. Abbastanza giovani di età per essere parte della società di oggi, ma anche consapevoli del suo relativismo.

Una di esse è Federica Mogherini, 44 anni, sposata, due figli; con una biografia di tutto rispetto (anche un primo lavoro call center):
– esperienza giovanile comunista (Figc);
– Democratici di Sinistra, Direzione Nazionale e Comitato Politico con incarichi di politica estera;
– confluenza nel Pd, nel Comitato Esecutivo come responsabile nazionale per le pari opportunità;
– parlamentare alla Camera nel 2008 e nel 2013 (molto attiva);
– dal dicembre 2013 nella segreteria Pd come responsabile per l’Europa;
– nel febbraio 2014 ministro per gli affari esteri del governo Renzi;
– dall’agosto 2014 ed attualmente, vice Presidente della Commissione Europea come Alto Rappresentante della Unione per gli Affari Esteri e la Politica di Sicurezza, con un mandato che scade nel 2018.
Ho pensato a lei per l’esperienza acquisita in molti campi. Ma anche per la sua riservatezza, e per l’attenzione responsabile con cui oggi porta avanti il suo incarico europeo, (anche per il peso dell’alleanza Francia-Germania). Sarebbe certo un buon Premier, in campo progressista. E donna, la prima volta in Italia.

L’altra persona è Enrico Letta, pisano, 50 anni, il più europeo dei nostri politici. Da ragazzo a Strasburgo, ai tempi della CEE (Comunità Economica Europea) sul confine Francia-Germania, da pochi anni non più nemici secondo il sogno dei fondatori di un’Europa unita. Poi in Italia, laurea in legge e dottorato di ricerca sulle comunità europee.
– Allievo (come altri, Prodi, Draghi) di un grande economista e politico del secolo scorso, Beniamino Andreatta.
– entra in politica nella DC e a 25 anni è presidente dei giovani poplari d’Europa. Da Bruxelles vede l’Italia del Caf (Craxi-Andreotti-Forlani) come, sono sue parole: “il peggio che la politica italiana abbia espresso” (ovviamente, fino ad allora, c’è da aggiungere oggi, pensando agli ultimi 25 anni).
– A livello di governo è più volte ministro: delle Politiche Comunitarie; dell’Industria, Commercio e Artigianato; del Commercio Estero.
– Nel 2008 (governo Prodi), è sottosegretario alla Presidenza del Consiglio.
– Più volte deputato in Italia e, nel 2006, al parlamento europeo.
– Nel 2007, con la fusione tra DS e Margherita è tra i fondatori del Pd, dove, nel 2009, è nominato vicesegretario unico nella segreteria Bersani.
– Nell’aprile 2013, infine, è Presidente del Consiglio dei Ministri, per un incarico che dura meno di un anno. Si dimette nel febbraio 2014, senza voto di sfiducia in Parlamento, per richiesta del suo partito, o meglio, del nuovo segretario del Pd Renzi, che aveva fatto votare nella Direzione Generale la necessità di un “cambiamento radicale”…
Nell’ ultimo libro di Letta: Contro venti e maree”, c’è il senso della politica vista da uno statista. Ne cito solo la sottolineatura dei problemi che l’Europa e noi abbiamo davanti: Brexit, Trump, disoccupazione, migranti, guerre e terrorismo, sono una svolta della storia di assoluta eccezionalità, come lo fu la caduta del muro di Berlino per il mondo comunista. E chiedono risposte adeguate.

C’è qualcuno, Paolo Mieli, che ha constatato che il mondo progressista non ha alternative. Smettessero di studiare collegamenti, alleanze, federazioni od altro. Serve solo chi possa portare avanti collegialmente, senza fughe in avanti, concrete azioni di governo.
Ed ha indicato Enrico Letta, che non è espressione del suo mondo.
Non è espressione neanche del mio mondo. Ma se ci fossero i tempi, ci sono le persone in grado di farci sperare.

di Carlo Faloci

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