Oristano: qual è il punto?

Il problema, diceva il Cardinale Carlo Maria Martini, non è tanto perdere gli orpelli del credo cattolico quanto smarrire la vivacità e la fecondità del pensiero.

Un altro grande italiano recentemente scomparso, che spesso dialogava, da ateo, col cardinale Martini, Umberto Eco, ci ricordava che Agostino ci insegnava che il sangue dell’anima è fatto delle parole e le parole sono custodite dalla memoria. Una persona che perda la propria memoria, avrà con essa perduto la sua anima.

Nel bel libro a cura dell’ateissimo Piergiorgio Odifreddi intitolato In cammino alla ricerca della Verità, che racchiude i quasi dieci anni di dialogo con Benedetto XVI, il matematico ateo e il Pontefice emerito su una cosa sono profondamente concordi: l’importanza di coltivare la qualità dell’esperienza della nostra mente.

Nel parlare dell’episodio di Oristano, della sospensione dell’insegnante Marisa Francescangeli, “rea” di aver – ripetutamente, come ci ricorda il direttore generale dell’Usr Feliziani su Adnkronos – fatto recitare agli alunni alcuni classici dell’orazione cattolica, vorrei dunque subito smarcarmi dal cadere in uno dei due poli opposti della consueta polarizzazione creatasi sul tema, scartando sia la posizione “laicista” che quella “integralista” cattolica, che si sfidano nell’agone insterilito e arido del nostro sempre più povero dibattito pubblico.

Certo, per un cristiano la tentazione di rigiocare “in faccia” ai laicisti la celebre frase attribuita al loro campione Voltaire – non condivido la tua idea ma sarei pronto a dare la vita perché tu possa esprimerla – è fortissima e difficile da resistere; e tuttavia vorrei spostare altrove il fuoco del discorso.

Si intravede, in entrambe gli schieramenti polarizzati, salvo rare eccezioni, uno dei subdoli e più pervasivi mali del nostro tempo: quella cancel culture che, per l’estrema fragilità delle proprie idee, deve, per affermarle, screditare fino alla damnatio memoriae quelle dell’Altro diverso da sé. 

Questo acido corrosivo continua a liquefare le nostre parole con cui sempre più frenetici cediamo, commento dopo commento, post dopo post, a questa “egomachia”, questa guerra tra ego che non fa crescere quasi più fiori e divora i molti che già crescevano sul giardino della nostra memoria, mangiandosi a poco a poco la nostra anima.

Vorrei, in conclusione, segnalare che in questo scritto non si auspica minimamente la fine del dibattito tra credenti e non credenti intorno a temi come quello di Oristano: tale dibattito intorno a temi simili c’è sempre stato, ci sarà sempre, è una grande ricchezza plurale della nostra civiltà.  

L’articolo vorrebbe solo segnalare che, solo due secoli fa – e cioè ieri – tale dibattito era svolto tra personaggi del calibro di Voltaire e Alfonso Maria De’ Liguori, mentre oggi i loro testi sbiadiscono nell’oblio e noi ci ritroviamo asfissiati dagli urli di Sgarbi e Salvini.

Giacomo Fagiolini