Le belle bandiere
“Non si lotta solo nelle piazze, nelle strade, nelle officine, o con i discorsi, con gli scritti, con i versi: la lotta più dura è quella che si svolge nell’intimo delle coscienze, nelle suture più delicate dei sentimenti”. Pier Paolo Pasolini nel 1960 inaugura una rubrica di corrispondenza con i lettori del settimanale di politica e cultura “Vie nuove”. Inizia un rapporto epistolare con le lettrici e lettori, compagni comunisti, che durerà, con alcune interruzioni, cinque anni. Gli scrivono, operaie, operai, studenti, disoccupati, donne, soprattutto giovani anzi giovanissime che “ fanno della cultura non la loro specializzazione, ma il loro nutrimento. Pier Paolo diventa così loro compagno di strada, interpreta i grandi cambiamenti in atto, riflette con loro sulla trasformazione sociale e introduce nel dibattito, elementi di riflessione dirompenti per quegli anni: il ruolo della donna, le politiche scolastiche, il movimento progressista che si fa largo nella Chiesa, il ruolo del movimento operaio, il consumismo, il capitalismo e l’ingannevole idea di uno sviluppo illimitato.
Tematiche che non hanno tempo, talmente attuali da poter essere state scritte in questi giorni. Una delle più profonde e affascinanti rappresentazioni del nostro paese. Per Paolo Pasolini anticipa i tempi, riflette sulla economia sociale e sulla redistribuzione della ricchezza, temi cruciali, molto cari a Papa Francesco. Temi che ritroviamo nelle encicliche “Laudato Sì” e “Fratelli tutti”. La necessità di una nuova classe di economisti che ripensi l’economia del mercato e del capitale. La eof, economy of Francesco, che prevede il superamento del profitto a beneficio della lotta alla povertà e alla fame. L’accoglienza come forma di vita universale che ci trasforma da individui solitari ed egoisti, in collettivi sociali di fratelli e sorelli. Il superamento delle barriere e dei confini per sentirci partecipi di una nuova umanità che rispetta, dona e accoglie. Una riflessione, quella di Pasolini, molto vicina alle riflessioni di Francesco, talmente vicina da poter essere scambiata l’un l’altra, ma il fine ultimo è lo stesso: bandire guerra, fame e povertà, con il contributo essenziale, attivo e partecipato, delle donne, senza il quale nessun cambiamento è possibile. La forza delle donne è l’elemento trainante per una trasformazione sociale epocale, che rimetta al centro l’umanità nella sua interezza, superando ogni credo religioso, razziale e geografico. Le nostre compagne, diceva Pasolini. Le nostre sorelle, dice Papa Francesco. Su questi temi, Pasolini nel 1960 iniziava la corrispondenza con le compagne. Su questi temi, Papa Francesco ha scritto l’enciclica “Fratelli tutti” e su questi temi apre il Sinodo più importante della storia della Chiesa.
“Vie muove” il settimanale del PCI, fondato da Luigi Longo nel 1946, manteneva una dialettica costante con il Partito Comunista Italiano, pur non essendo è un organo. L’organo del partito era L’Unità il giornale fondato da Antonio Gramsci. Un settimanale di grande rigore, alte tirature e un pubblico esigente di lettori critici, che non assecondavano il partito. Sul numero 22 del 28 maggio 1960 la direttrice di “Vie nuove” Maria Antonietta Macciocchi scrive: “Oggi Pasolini è assai più celebre di qualche anno fa; cinema e giornali si sono impadroniti avidamente del suo nome, l’uno né ha fatto un motivo di “cassetta”, gli altri si disputano le indiscrezioni sulla sua vita, sguinzagliandoli dietro i fotografi, per vedere dove passa la sera, con quale cantante o diva, in quale trattoria…Ma è la parte di Pasolini che ha noi interessa di meno, la ragione per cui gli offriamo questa rubrica sta nella considerazione opposta; ovvero che, oltre quella bolla iridata,…Pasolini àncora la sua forza, o fama letteraria, ad uno scoglio fatto della tenacissima roccia del consenso della gente semplice…Pasolini è uno dei pochi scrittori italiani che sia legato da migliaia di fili ad un pubblico popolare”.
Sopra le parole della direttrice, compare un discorso di accettazione di Pasolini: “La signora Macciocchi ha superato ogni difficoltà, è venuta dritta a casa mia, e ha toccato dritta il mio cuore. Mi ha posto, quasi come un dolce dovere: una corrispondenza coi lettori di “Vie nuove”: un’ora alla settimana infine potevo pure trovarla! Ho accettato”. La rubrica si intitola “Dialoghi con Pasolini”, e lo scrittore più discusso d’Italia la immagina come una conversazione con un pubblico non specializzato. Nasce la rubrica, un punto di non ritorno. Certifica la nascita di un metodo. Invece di arroccarsi su posizione difensive, Pasolini si apre e apre riflessioni e discussioni, capovolgendo le analisi e la metodologia, inizia la lettura critica della società rurale che cambia, lasciando sul campo la propria cultura di appartenenza, sostituendola con consumo di beni e merci non sempre necessari. Paolini si scopre scoprendosi: “Solo l’amare, solo il conoscere/conta…L’anima non cresce più”. Nel 1961 rispondendo ad un lettore scrive: “Lottare nella storia, non fuori dalla storia…sono alle soglie dell’ esaurimento: perché a tutto questo bisogna aggiungere la lotta continua, quotidiana, contro l’offensiva dei fascisti e dei clericali, e, infine, buona ultima, in questo elenco, ma prima, in realtà, la vita che devo pur vivere, in tutta la sua contraddittoria estensione e complicazione: altrimenti, oltre tutto, su che cosa lavorerei? Buona ultima, ma prima la vita”.
Pasolini da un nome a questo suo metodo, la chiamerà “sincerità”. Può sembrare ingenuo, ma è Pasolini a pronunciarlo: “Non voglio avere autorità, sappiatelo. Se ce l’avrò, l’avrò di volta in volta, per l’eventuale forza dei miei argomenti di quel dato momento, di quella data circostanza: e soprattutto per la sincerità. Essere sincero nella militanza e riflessione, far coincidere l’uomo con l’artista. Provo un forte impulso a essere sincero, malgrado tutto, contro tutto…Ciò che più importa non è la chiarezza: ciò che importa è la sincerità e la profondità: cioè la ricerca”.
di Claudio Caldarelli