La buona creanza
Una città, una umanità, una unica entità, un cerchio magico che vive nell’incantesimo di sentirsi unici perché in tutti c’è un unico palpito del cuore. Un cuore immenso, fatto di drammi, solitudini, gioie, speranze, povertà e ricchezze, tutte racchiuse in una grande immensa patologia che è la passione per la squadra, il Napoli. Un Napoli, che fa sentire tutti più vicini a Dio, che fa sentire tutti come un unico organismo vivente, un plasma luccicante fatto di lacrime e di risate.
Al teatro Vascello di Roma, la rassegna Flautissimo, porta in scena Peppe Servillo con “Il resto della settimana” di Maurizio De Giovanni, con le musiche dal vivo eseguite da Cristiano Califano.
Peppe Servillo non è un attore che interpreta, è qualcosa di più, è egli stesso la rappresentazione della passione di se stesso. Una fusione unica nel suo genere, così riuscita da far perdere il senso del tempo, ad un pubblicodivenuto per un’ora e mezza, esso stesso la curva della tifoseria del Napoli. Un Napoli che ha la maglia color del cielo, dove tutti per un attimo, si sentono avvolti.
Peppe Servillo riesce con un colpo da maestro a trasformare il palcoscenico in un campo di calcio, e il teatro in una curva dove sparisce ogni differenza sociale, dove la disuguaglianza, per il tempo di una partita si trasforma in fratellanza fatta di amore, gioia, sofferenza e passione, talmente all’unisono da sconcertare la tifoseria avversaria. Una tifoseria dove la differenza di classe è un segno distintivo fatto di linguaggi forniti e gesti aristocratici, dove l’abbigliamento, degli uni è completamente diverso dagli altri. Una differenza di classe che si nota anche nelle livree e nei simboli delle squadre, il ciuchino per il Napoli e la zebra per la Juventus.
Ma per una volta nella vita, questa differenza viene abbattuta, con la classe e la buona creanza di undici giocatori capitanati da “lui” el pibe de oro, la mano de dios.
Per una volta il sogni si avvera, Peppe Servillo, in modo magistrale ci fa vivere questo sogno che si avvera, generando un unico grande respiro di sollievo quando Giordano di Trastevere, con una mezza rovesciata, rende materiale una speranza fino a quel momento immaginata. Una potenza espressiva, quella di Servillo, che coinvolge tutto il teatro dal primo respiro fino al boato finale in cui Napoli si riprende ciò che i sabaudi un secolo prima gli avevano tolto. Così, come loro si erano presi Napoli, ora, Napoli, la sua gente di ogni ceto sociale, si riprende Torino avvolta dalle sue ciminiere, per poi lasciarla e tornarsene vincitori nella terra di Masaniello, dove la buona creanza affratella con il profumo del caffè.
Claudio Caldarelli – Nicoletta Iommi