NON ERANO UNA BANDA MUSICALE

Non erano una banda musicale. Non tornavano da un teatro. Il terzo battaglione del Polizeiregiment Bozen tornava, marciando in pieno assetto di guerra, dal poligono di Tiro di Tor di Quinto, come ogni giorno. Come ogni giorno erano andati ad esercitarsi all’uso delle armi, ad esercitarsi sull’uso dei loro strumenti. Strumenti di morte, che emettono “sempre la stessa nota, ratatatà” e che hanno lasciato il segno sui muri degli edifici di via Rasella, il luogo dell’assalto partigiano, e che danno l’idea della rabbiosa reazione dei militari nazifascisti. Si stavano addestrando per andare a combattere gli alleati e i partigiani, come stavano già facendo i loro colleghi degli altri due battaglioni del Polizeiregiment Bozen impegnati in Istria e Veneto, e come poi avvenne.

Non erano neanche pensionati richiamati alle armi in un ultimo sforzo di difendersi della Germania nazista, e non provenivano dalla Hitlerjugend con età inferiore ai 18 anni. Erano uomini tra i trenta e i quaranta anni, della riserva sì, ma, con terminologia biblica, “uomini atti alle armi”; armi che, giornalmente, si esercitavano ad usare, per uccidere; erano parte delle truppe nazifasciste che occupavano Roma e l’Italia. Roma, la città che, a causa della militarizzazione effettuata dai nazifascisti all’indomani dell’8 settembre non poteva essere dichiarata “città aperta”; la città del “Quadraro”, il pericoloso “nido di vespe” come lo chiamavano i nazisti e che richiese l’uso di ingenti forze per essere “rastrellato”; la città in cui metà della popolazione nascondeva l’altra metà combattente/resistente, come dicevano i comandanti nazifascisti, e in cui non passava un giorno senza un attacco partigiano; quella stessa che aveva fatto il possibile per salvare qualche “maledetto ebreo” dalla deportazione durante e dopo il rastrellamento del ghetto.

Non erano Banditen, coloro che operarono l’attacco di via Rasella. Nessuno poteva presentarsi per sventare la strage perché la comunicazione della rappresaglia, datata 24 Marzo ore 22,45, si conclude con la frase “quest’ordine è già stato eseguito”, era già avvenuta. Un gesto di feroce pazzia che ha anche l’aggravante, se può esserci un aggravante, della vendetta bestiale.

Non erano Banditen, ma componenti di un esercito che, nel suo articolato complesso, si coordinava con le altre forze combattenti il nazifascismo, inclusi gli alleati, e che trae la sua legittimità dall’essere espressione di un sentimento che porta la metà della popolazione a supportare in ogni modo la metà che combatte, con i mezzi di cui dispone: di un popolo che si difende o almeno della sua gran maggioranza. i Partigiani sono la forza armata di quei movimenti politici che il fascismo aveva disperso frantumando, con l’uso della violenza, il parlamento democratico. Erano diventati isole, un arcipelago senza collegamenti, zattere alla deriva, sotto i colpi della selvaggia follia fascista, ma abbastanza robuste da resistere, non naufragare, anzi, di crescere, ritrovarsi in comuni ideali, tessere dei legami tali da costituire una catena attraversante tutta l’Italia occupata e che permetterà a quelle isole di dare un contribuito importante alla sconfitta delle forze nazifasciste e alla liberazione del Paese.

Gli ideali che hanno guidato la lotta antifascista sono stati i punti di saldatura di quella catena e sono chiaramente espressi nella Costituzione: libertà, rispetto dei diritti, solidarietà, tolleranza, accoglienza, pace…, e antifascismo; elemento fondante in quanto il fascismo è la negazione di ogni diritto; è il totalitarismo che prende con la forza tutti i diritti e lascia solo sopravvivere, se non dissenti.

Il giorno in cui si festeggia la sconfitta del fascismo, la liberazione dall’incubo, è prossimo. In questo momento il governo del Paese è costituito da una coalizione nazional-sovranista-liberista che si è impegnata, all’insediamento, al rispetto della Costituzione. Avremo modo di vedere con quanta convinzione i rappresentanti delle istituzioni parteciperanno, se parteciperanno, alle celebrazioni e se continueranno a cercare di smentire la storia distorcendo i fatti o negandoli pur di non prendere con chiarezza le distanze da qualcosa che, in ultima analisi, forse comincia ad essere visto con qualche imbarazzo, e che le numerose retromarce dalle dichiarazioni dimostrano.

Corrado Venti

 

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