La corsa di Kimia per le donne afghane: arriva ultima ma non importa, dietro al pettorale ha un messaggio da mostrare
La velocista afghana Kimia Yousofi è stata eliminata alle Olimpiadi di Parigi arrivando ultima e distaccata nelle eliminatorie dei 100 metri femminili, con un modestissimo 13.42. Ma ha raggiunto comunque il suo vero obiettivo: mostrare al mondo un messaggio che aveva scritto a penna dietro al pettorale con cui ha corso, con due scritte di denuncia dal significato enorme: “Istruzione” e “I nostri diritti”.
Alle Olimpiadi di Parigi l’Afghanistan si è presentato con soli sei atleti, tre uomini e tre donne. Tra queste c’è anche la velocista Kimia Yousofi che ha debuttato nella mattinata di venerdì 2 agosto, nella batteria 3 del primo turno eliminatorio dei 100 metri femminili. Conclusasi con un tempo altissimo e un isolato ultimo posto con conseguente eliminazione.
Mentre subito dopo l’arrivo tutte le atlete si sono fermate a guardare i tabelloni luminosi in attesa di capire quali tempi avessero fatto e le rispettive possibilità di qualificazione, Yousofi si è invece concentrata in un altro “rituale”: si è messa ad armeggiare con le spille da balia che tenevano saldo il pettorale col suo nome, per staccarselo e mostrarne il retro a favore di telecamere.
La foto dell’atleta afghana che tiene il pettorale a favore di obiettivi e telecamere è diventata subito virale facendo il giro del mondo e Yousofi ha ottenuto la sua vittoria più bella che va ben oltre i 100 metri: denunciare al mondo intero la difficilissima condizione delle donne del suo Paese.
Le donne e le ragazze in Afghanistan hanno sofferto immensamente da quando il Paese è stato conquistato dai talebani nell’agosto 2021. Un rapporto delle Nazioni Unite dell’anno scorso ha affermato che il Paese asiatico è diventato il più repressivo al mondo per donne e ragazze, private praticamente di tutti i loro diritti fondamentali.
La ventottenne è venuta a Parigi anche per rappresentare i «sogni e le aspirazioni rubate» delle donne afghane.
«Mi batto per le donne del mio Paese a cui è stata tolta la possibilità di decidere della propria vita. Penso di dovermi sentire responsabile nei confronti delle ragazze afghane perché non sanno parlare, non mi sono mai occupata di politica, faccio solo ciò che ritengo sia vero e giusto. Posso interagire con i media. Posso essere la voce delle ragazze afghane. Posso dire cosa vogliono: vogliono diritti fondamentali, istruzione e sport. Il mio messaggio per le ragazze afghane è non mollate, non lasciate che siano altri a decidere per voi. Cercate le vostre opportunità, e poi usatele.
Questa è la mia bandiera, questo è il mio paese, questa è la mia terra», così ha esordito l’atleta.
Un messaggio e un’espressione commoventi, occhi lucidi che chiedono aiuto, chiedono di leggere, di capire, di rispondere, di fare qualcosa.
In Kimia si percepisce tutta la forza, la tenacia, il coraggio, la ribellione che ardono in lei da sempre.
Il tutto ha suscitato molto interesse sulla sua storia.
Kimia Yousofi è una velocista afghana ma non è nata nel Paese che rappresenta, bensì in Iran a Mashhad nel 1996. Poco prima che lei nascesse, infatti i genitori di Yousofi fuggirono dall’Afghanistan durante il precedente governo dei talebani: lei e i suoi tre fratelli nacquero e crebbero nel vicino Iran, pur mantenendo la nazionalità d’origine. Nel 2016 ha partecipato alle sue prime Olimpiadi, aveva preso parte ai Giochi asiatici indoor, poi nel 2018 partecipò ai Giochi asiatici di Giacarta e infine nel 2021 è stata la portabandiera per l’Afghanistan ai Giochi olimpici di Tokyo.
Nel 2012, quando aveva solo 16 anni, Yousofi ha preso parte a una ricerca di talenti per ragazze immigrate afghane che vivevano in Iran, ed in seguito è tornata in Afghanistan per allenarsi e avere la possibilità di rappresentare il paese alle Olimpiadi. Ma dopo che i talebani hanno ripreso il controllo del suo paese, più o meno quando sono iniziati i Giochi di Tokyo, si è trasferita definitivamente in Australia con l’aiuto di funzionari locali e del Comitato Olimpico Internazionale. Si sarebbe guadagnata un posto nella squadra olimpica dei rifugiati , pensata per gli atleti rifugiati come lei, ma lei voleva rappresentare il suo Paese, con tutti i suoi difetti, nella speranza che questo viaggio alle Olimpiadi contribuisse a denunciare la gravissima situazione delle donne in Afghanistan.
E tutti crediamo che sia riuscita nel suo eroico intento.
C’è un’atleta afghana che alle Olimpiadi di Parigi 2024 ha vinto una medaglia speciale: quella dei diritti.
Stefania Lastoria