Un altro futuro dopo l’orrore

Le donne non hanno mai smesso di lottare per i loro diritti e ancora oggi lottiamo contro la precarietà, che condiziona sempre di più le nostre esistenze di donne, contro un sistema politico – culturale maschile e maschilista, contro la mercificazione dei nostri corpi, per la libertà di scelta.

Non c’è dubbio che l’emancipazione delle donne sia stata un successo, perché ha portato a un loro libero accesso alla sfera pubblica, a una uguaglianza negli studi, nel lavoro e anche, se pure in misura minore, nella sfera privata. Ma sembra che le donne stiano pagando un prezzo molto alto per queste vittorie: aumenta infatti costantemente il numero dei femminicidi, delle aggressioni mortali a donne che osano lasciare un uomo, e cresce anche l’aggressività con la quale le ragazze vengono derise e infamate sui social. E, sembra quasi indicibile, che dopo tanti anni, ancora lottiamo per difendere le nostre vite.

Impressionante è il numero di donne uccise dai propri partners. Donne di tutte le età e appartenenze. Storie di donne violate, di giovinezze interrotte, di tentativi di uscire dal tunnel della violenza. Si direbbe proprio che è in corso una guerra tra donne e uomini, nella quale le donne ancora una volta hanno la peggio, anche se apparentemente hanno conquistato tutto.

Le donne hanno dato voce a tutto ciò nei loro racconti, nella pluralità di iniziative.

Olga, una donna vittima di violenza domestica da parte del suo compagno violento. Uno dei tanti esempi di persecuzioni domestiche, dell’orrore quotidiano. Quasi mai infatti le violenze in casa, gli stupri, le botte, le sevizie psicologiche hanno testimoni. Viveva nel terrore di essere uccisa dal compagno. “Ricordo quel giorno in cui ha guardato il coltello del pane, ho pensato che avrebbe potuto ammazzarmi”. Olga ha trentacinque anni e fa l’insegnante. Lui, già ossessivo e violento, diventa il suo carnefice, fino a che lei trova il coraggio di fuggire senza più guardarsi indietro. In seguito trova rifugio da sua madre che vive in un’altra città. Non riusciva a dire a nessuno quello che le era capitato. Non riusciva nemmeno a capacitarsi che fosse successo a lei. Ha denunciato tutto dopo anni di inferno. Dopo anni di torture, di urla, di dolore.

Giulia ha una figlia. Quando la bimba piange lui va su tutte le furie, perde il controllo. Entra in camera da letto le urla e la minaccia. Giulia è provata, preoccupata. Diviene vittima di stalking e cresce sempre più in lei la paura di essere uccisa. L’atteggiamento di lui cambiava repentinamente trasformandosi in atti persecutori e costringendo la donna a modificare tutte le proprie abitudini di vita. Lei minaccia di andare via. Lui reagisce in maniera violenta spingendola contro il muro e con scoppi di rabbia le dice che lui la ammazza. Addirittura un giorno Giulia si chiude in bagno, il marito entra e la sbatte contro la vasca. La aggredisce ormai per ogni cosa, dice che Giulia allontana la figlia da lui, che è una cattiva madre. La strattona e le urla a breve distanza parole pesanti per poi buttarla a terra, ma la donna giustificava tale atteggiamento colpevolizzando se stessa, pensando di essere troppo gelosa e lavorando sul proprio carattere per essere maggiormente accomodante. Ha paura di quest’uomo, non lo capisce più. È confusa, cerca di vivere una quotidianità normale, per amore della bambina, tenta ancora di salvare la famiglia con quella tenacia cieca di molte donne maltrattate. Ormai tutto è andato in pezzi, tra loro due non ci sono più tregue.

Inizia una lunga fase di difficile convivenza con l’uomo durante la quale la insulta e la maltratta, spesso anche davanti alla figlia piccola. Ma lei ancora non trova la forza di andare via. Ancora non riesce a trovare il coraggio di chiudere il rapporto. Il coraggio di dire basta, purtroppo, non si trova né facilmente, né subito. Finalmente si rivolge ad un centro antiviolenza. Per tre volte finisce al pronto soccorso. Cade in una depressione profonda che la porta ad un ricovero e poi alla psicoterapia. Suo marito è ossessionato all’idea che Giulia, la sua vittima, possa sfuggirgli e che possa portargli via la figlia. Dopo un’ultima minaccia di morte, finalmente scappa con la figlia e riesce a far condannare il marito violento. Ha avuto la forza di scappare e di denunciare e di certo ricomincerà a respirare, ad esistere.

La sua storia è uguale a quella di tante altre: un marito violento che quasi ogni giorno sfoga rabbia e frustrazione su moglie e qualche volta anche sulle figlie. Colpita, insultata, offesa e minacciata di morte dal suo uomo per sei anni. Presa a schiaffi e pugni, ne portava i segni su tutto il corpo. Quando racconta la sua storia, parlando rivive quei momenti. Ha subito per diversi anni percosse fisiche e violenza psicologica. “All’inizio sembrava tutto normale -dice- e credo che succeda un po’ sempre così. Non sembrano persone violente. Non prima”. Ma ben presto lei diventa il suo ostaggio. Quel marito capace solo di botte è diventato pericoloso. Ha paura. Il primo istinto è quello di starsene buona, di convincersi che se non fa storie lui si calmerà, che deve solo aiutarlo a cambiare. Un giorno Rita stanca di quella condizione, si è fatta coraggio e lo ha denunciato grazie all’aiuto della figlia maggiore. Lei può raccontare la sua storia. La sua vita sarà condizionata per sempre e non tornerà mai più a essere la persona che era, ma è ancora viva. Per molte donne invece l’epilogo è stato diverso. Queste vittime non potranno più far sentire la loro voce.

Barbara è bella, giovane, a ventisei anni è scappata di casa, abbandonando il suo compagno. All’inizio è un idillio, poi arrivano le botte. Riceve calci che le lasciano lividi sulle gambe. Lui sbotta sempre per un nonnulla. La donna vive nella paura costante, pensa soltanto a sopravvivere. Quella vita non era la sua vita. Qualcosa è scattato. Va dalle sue amiche, poi va in un centro di aiuto. Le persone vicine faticano ad accettare che quell’uomo giovane e bello sia un violento. È troppo geloso, di una gelosia che si è trasformata in ossessione. Non si rassegna all’idea che lei lo abbia lasciato. La segue, fa continui pedinamenti, appostamenti. Lei si sente vuota, una nullità. Si era talmente annullata per quello che stava vivendo. Un io inesistente, la propria vita un fallimento. È terrorizzata e vive come se fosse sottoposta ad un regime di arresti domiciliari. Ha ancora paura e quando esce si guarda sempre alle spalle. La sua vita è condizionata da quello che ha vissuto, da quello che ha provato. L’angoscia non è scomparsa, il dolore subito rimane. L’umiliazione è un marchio indelebile che la accompagnerà per tutta la vita. Lui è stato condannato per maltrattamenti. Ora Barbara non ha più paura, può provare a rinascere a una vita normale. Un altro futuro dopo l’orrore.

Schiaffi, botte, ma anche costrizioni e privazioni, ricatti psicologici e morali. A sanguinare a volte è solo l’autostima di una donna, fatta a brandelli. Anche questa è violenza. “Mi sentivo un ostacolo, pensavo di non valere nulla” afferma Monica, mentre torna indietro con la memoria.

Storie differenti ma che portano sempre allo stesso risultato: donne offese, picchiate, vessate fino a quando, non riuscendo più a resistere alle continue violenze, decidono di denunciare. Queste storie in realtà ne raccontano una sola. Quella cioè della violenza sulle donne. Una storia che può assumere forme diverse, ma che si svolge in ogni angolo del pianeta. È un fenomeno universale che copre tutti gli strati sociali. Storie di ordinaria, comunissima e spaventosa violenza. Storie di donne che hanno percorso strade tormentate, difficili, ma finalmente diverse.

di Maria De Laurentiis

 

Print Friendly, PDF & Email