Inchiesta Consip, uno squarcio sul marciume recondito

L’inchiesta Consip, nata a Napoli e poi arrivata a Roma, è venuta fuori alla luce a spizzichi. Già a dicembre trapelava la notizia che l’allora neo-ministro dello sport Luca Lotti era indagato per rivelazione di segreto istruttorio. Poi a febbraio, spetta a Tiziano Renzi, padre dell’ex primo ministro, e all’imprenditore Carlo Russo ricevere l’avviso di garanzia. Infine, il 1 marzo viene arrestato l’imprenditore Alfredo Romeo.
La parte più oscura della storia, e anche quella più controversa, è quella che chiama in causa l’attuale amministratore delegato della Consip, Luigi Marroni. Ovvero, le dichiarazioni fatte davanti ai pm John Woodcock e Celeste Carrano che lo hanno interrogato il 20 dicembre come persona informata dei fatti. Marroni afferma in quell’occasione di aver subito un vero e proprio ricatto da parte di Carlo Russo tirando in ballo anche Tiziano Renzi e Denis Verdini. Secondo Marroni ci sarebbero state delle pressioni per influenzare il risultato di alcune gare d’appalto bandite dalla Consip. Si parla di cifre da capogiro, un appalto di 2,7 miliardi di euro. Il bando, chiamato “Facility Management 4”, riguarda beni e servizi per gli immobili della Pubblica Amministrazione.
È ancora presto per mettere in luce chiaramente la vicenda, di cui fin’ora si possono solo delineare i contorni. Se c’è stata o meno corruzione sarà ovviamente la magistratura a deciderlo. Il caso, però, lascia ugualmente l’amaro in bocca. Quello che emerge è un sistema che, sia su piccola che su grande scala, è profondamente marcio. Corrotto a prescindere dall’eventuale rilevanza penale. L’imprenditore Romeo ha addirittura parlato di “legittima difesa illegale”, intendendo che in determinati ambienti agire al di sopra della legge è quasi la normalità. Proprio la Consip, la centrale acquisti della Pubblica Amministrazione, ha come scopo quello di “rendere più efficiente e trasparente” l’uso delle risorse dello Stato.E, invece, di trasparente c’è ben poco in tutta questa storia.
Il giurista e giudice emerito della corte costituzionale, Sabino Cassese, ha criticato, dopo la vicenda, la procedura di nomina dei dirigenti della Consip. Secondo Cassese, la Consip ha un ruolo prevalentemente tecnico e non politico. La politica, e quindi il governo, non dovrebbe nominare l’amministratore delegato dell’organismo. Va, infatti, ricordato che a nominare Marroni fu il governo Renzi. Ed è assordante il silenzio sulla vicenda di quella parte politica. Sembra quasi che le parole di Marroni siano state dette non dall’ad della Consip, ma bensì da uno degli uscieri.
Infatti, l’ex primo ministro viene doppiamente tirato in ballo in questa vicenda. Da una parte suo padre, e dall’altra Luca Lotti, uno del cosiddetto giglio magico di Renzi. Secondo i pm il ministro Lotti sapeva delle indagini in corso e sarebbe stato lui a rivelare ai dirigenti Consip la presenza di cimici negli uffici della società.
Sarebbe un grave sintomo di debolezza se le risposte a questa vicenda, qualunque esse siano, arriveranno ancora una volta dalla magistratura, come ormai in ogni vicenda importante del paese. Sarebbe l’ennesima dimostrazione di un sistema politico ormai totalmente incapace di prendere decisioni.

di Pierfrancesco Zinilli

Print Friendly, PDF & Email