Università, prediche e Palestina
Dichiara il celebre scrittore indiano-britannico Salman Rushdie: “Se esistesse uno Stato palestinese adesso, sarebbe gestito da Hamas e avremmo uno Stato simile ai talebani. Uno stato satellite dell’Iran. È questo ciò che i movimenti progressisti della sinistra occidentale vogliono creare?”. Lo ha dichiarato anche in polemica con le proteste e le occupazioni studentesche filo palestinesi in molte Università del mondo. Rushdie conosce bene quello di cui parla. I versetti satanici, il suo romanzo del 1988, è stato colpito da fatwa dallo stesso fondatore e guida suprema della Repubblica islamica dell’Iran, l’ayatollah Khomeyni. Successivamente è stato fatto oggetto di molti tentativi di assassinio, fino a quello del 2022 negli Usa, che tra le molte coltellate inferte, gli ha tolto la vista all’occhio destro. Eppure, lui si è sempre espresso a favore di uno Stato palestinese. Solo che oggi l’esito inesorabile sarebbe quello indicato. Hamas, infatti, gode indubbiamente del favore tra la maggioranza degli abitanti di Gaza. La cosiddetta Autorità Palestinese, guidata dall’ottuagenario Abu Mazen, rappresentativa della West Bank, Cisgiordania, ed erede della vecchia Olp, è invece sempre declinata nel tempo per incapacità e corruzione. Non uno Stato pur che sia, dunque, ma uno Stato giusto.
La dichiarazione di Rushdie non può che riecheggiare sul suolo italiano insieme a quanto avvenuto all’Università di Torino. Come molti altri Atenei è sotto occupazione o stato d’agitazione per interrompere gli accordi con le Università israeliane, ai fini di collaborazioni, studi, ricerche sul piano delle applicazioni tecnologiche militari. Su richiesta di alcuni studenti islamici, l’assemblea dell’occupazione ha deciso di invitare a parlare Brahim Baya, qualificatosi come imam torinese. Patriarcalmente separati, come la sua religione detta, i maschi da una parte e le donne dall’altra, alla fine del sermone si è deciso di invitarlo poi anche a tenere la preghiera del venerdì, con successiva orazione, nell’Aula Magna del Rettorato. Cosa poi bloccata dallo stesso Rettore e da una diffida formale della Questura consegnata direttamente a Baya. Sembra una pagina tratta dal romanzo dello scrittore francese Michel Houellebecq Sottomissione. Qui si immagina una Francia che – per successivi cerchi concentrici di sottomissioni all’Islam di sempre più ampie sfere sociali, culturali, politiche – arriva a eleggere all’Eliseo il candidato di un partito mussulmano tradizionalista e patriarcale.
Lo pseudo imam torinese ha dichiarato che il divieto alla sua preghiera è anticostituzionale e frutto di islamofobia, perché deve essere riconosciuto a tutte le religioni il diritto di predicare dentro le Università. No, si dà il caso che sia esattamente il contrario, dato che deve essere anzi laicamente garantito che esse siano tenute nitidamente sgombre da qualsiasi influenza di quel tipo. Ricordiamo la rivolta di studenti e professori contro l’invito rivolto dal Rettore della Sapienza di Roma a Papa Ratzinger di inaugurare l’anno accademico 2007. Rivolta che indusse alla rinuncia di Benedetto XVI, che pur era considerato un filosofo e teologo, il quale predicava l’unità tra fede e ragione, e non la mera sottomissione di questa alla prima. Le odierne occupazioni universitarie dovrebbero sempre tenere a mente questa pagina della nostra storia, per riaggiornare al presente i contenuti critici e di opposizione a pratiche oppressive d’ogni potere, soprattutto se fondate su dogmi fideistici.
Il movimento giovanile, infatti, costituisce una preziosa leva di presente-futuro. Il bombardamento massiccio del presente sta correndo su un micidiale filo di rasoio: quello che sia negato non solo un domani degno di essere vissuto, ma un futuro proprio in quanto tale. L’accezione di Stato giusto, cui fa riferimento Rushdie relativamente alla Palestina, dovrebbe così essere decisamente ampliata, dato che l’attuale bombardamento non solo è solo bellico, ma ambientale, bio-sociale, fisico e psichico, dei diritti quanto dei redditi. E questa estensione non può avere nulla a che vedere né con l’islam, né con nessun’altra religione, credo e fede. Queste, infatti, soprattutto se erette a Stato, si dimostrano quali negatrici violente, repressive del concetto stesso di giustizia, in quanto è anzi il futuro delle giovani generazioni a essere giustiziato, nel senso di essere massacrato da un ordine bieco, cieco, ingiustificato. Non è preconcetta islamofobia, ma razionalissima ribellione all’islamo-stato-crazia. Predicare questa – non solo ma soprattutto dentro le Università – è predicare direttamente lo sterminio di ragazze e ragazzi cui essa ricorre quale strumento di dominio. Rivolgersi a essa in un’epoca di incertezza è come affidarsi allo stesso abisso senza fondo dell’insicurezza, per sottomettersi senza difese al suo buio arbitrio.
Riccardo Tavani