Κλέος, tra antichità e presente
Non si può negare che nell’arco degli anni, quella dell’uomo, sia stata un’evoluzione gigantesca, anche se sotto certi punti di vista, sarebbe più corretto, definirla “involuzione”.
Tuttavia, anche se non è oggetto di pensiero di tutti i giorni, i legami che ci connettono al passato sono più di quelli che immaginiamo. Questi tipi di legami ricorrono spesso nella società ed i suoi fenomeni; basti pensare alla tendenza, tipica dell’essere umano, ma anche del mondo animale, di dividersi in gruppi, etichettandosi, autodeterminandosi e isolandosi dall’ignoto, da ciò che può minacciare l’equilibrio del villaggio, della tribù o della città.
La paura dell’ignoto è una tematica ricorrente nella storia dell’umanità, ed è il movente principale delle correnti conservatrici, che da sempre cercano di “preservare” e “proteggere” ciò che si conosce o ci appartiene, indici di sicurezza.
Una parola che ci collega, e in un certo senso ci porta indietro, a più di duemila anni fa, all’Antica Grecia, è κλέος (kléos).
Kleos, tradotto letteralmente, significa “fama”, “gloria”; questo termine è legato a κλύω (kliuo), “ascoltare”, che cela tra i molti significati, quello implicito di “ciò che gli altri sentono dire di te”.
Nell’epoca in cui viviamo, il termine kleos ha preso una deriva molto diversa rispetto a quella originale, anche se mantiene delle analogie.
I Greci non disponevano dei social, tuttavia il desiderio di apparire e di mettere in risalto la propria immagine è da sempre esistito, motivo per cui era così diffusa la pratica di forgiare statue di imperatori e sovrani, di narrare le gesta degli eroi elleni e di mitizzare le figure di potere o simbolo di virtù.
Quello della “gloria” è un tema che al giorno d’oggi, si potrebbe tradurre con il termine di “status”, ovvero l’importanza dell’apparenza come indice sociale. Ciò non avviene solo tramite i social, ma accade ogni volta che in una storia, in un aneddoto o anche in una semplice conversazione, sentiamo il bisogno di ingrandire le proprie gesta, quando cogliamo l’occasione di riscrivere gli avvenimenti e il nostro ruolo in essi, per assumere un aspetto diverso, migliore, agli occhi di chi ci ascolta. Se nell’Iliade la gloria viene conquistata sul campo di battaglia, oggi ce la guadagniamo tramite la narrazione più semplice, nei luoghi che frequentiamo tutti i giorni.
La cosa che differenzia il significato di kleos tra l’Antica Grecia e il nostro mondo, è il legame che mantiene con Αιδώς (Aidós), ovvero il senso del dovere.
Prima il concetto di gloria andava di pari passo alle proprie mansioni, ai propri doveri. L’eroico soldato non si preoccupa della morte, se è ciò a cui verrà condotto dalla battaglia.
Ma non tutti i personaggi dei grandi racconti, erano cavalieri senza macchia, pronti a fare la scelta più giusta.
Agamennone è la figura per eccellenza che tiene a ribadire la propria posizione, chi è rispetto agli altri soldati.
Arriva persino al punto di impossessarsi della schiava di Achille, Briseide, solo per il capriccio di dimostrare il proprio potere.
Agamennone è l’emblema di un’apparenza storpiata, a discapito di un comportamento onesto. È bene che tutti sappiano di cosa è capace il comandante degli Achei e il modo più efficace è quello di imporre la sua autorità sul più forte dei suoi soldati.
Su nell’Olimpo, tutte le divinità sono d’accordo sull’infliggere una punizione a chi pecca di “hybris”, chi ostenta la propria fortuna, chi cerca di avvicinarsi agli Dei. Così, sull’esercito degli Achei, si abbatte una terribile peste, lanciata da Apollo, per punire la tracotanza delle azioni di Agamennone nei confronti di Criseide.
Questo concetto viene trasmesso anche nella letteratura latina, infatti nel Satyricon di Petronio, viene raccontata La cena di Trimalchione, dove viene dipinto il ritratto ridicolo del libertino che cerca di impressionare i propri commensali, ottenendo il risultato opposto.
Insomma, quello dell’apparenza era un tema delicato, che rischiava di diventare un mezzo in grado di veicolare la rabbia divina, sia nella cultura greca, che quella romana.
Oggi non si potrebbe dire lo stesso, la nostra è una società fondata sull’importanza dell’apparenza, e spesso e volentieri, a discapito del contenuto. Si è perso la concretezza dell’io distaccato dalla propria immagine.
Sarebbe molto curioso immaginare come si muoverebbero al giorno d’oggi, personaggi opposti come Agamennone e Achille.
Sarebbe interessante sapere se, in un mondo che è sempre connesso e ormai quasi del tutto scoperto, Ulisse si spingerebbe lo stesso fino alle Colonne d’Ercole.
Chissà se, invece, l’uomo moderno, sarebbe in grado di sfoggiare la propria immagine di fronte all’Olimpo, pronto a punire gli eccessi.
Luca Baldi