Perfect days
È rimasto spazio in questo mondo per coloro che assaporano la vita?
Posta in maniera cosi diretta, la domanda sembra pronunciata da qualche superstite di un futuro distopico;
Invece è il regista Wim Wenders a porsi il quesito sulla società in cui viviamo.
In Perfect Days, titolo esplicitamente collegato alla celebre canzone di Lou Reed, vengono raccontate le giornate di Hirayama, addetto alle pulizie dei bagni pubblici.
Le giornate, anche se scandite da una routine molto precisa, completamente bilanciata con quelli che sono gli interessi del protagonista, tuttavia vengono continuamente colorate da imprevisti o sorprese, che colgono alla sprovvista Hiravama.
Eventi come la fuga di casa della propria nipote, il tacito rapporto che instaura con le persone che lo circondano, ma con cui non c’è bisogno di parlare, il profondo dialogo che nasce lungo il Sumida, il fiume che attraversa Tokyo, sono tutti eventi non programmati, a cui Hirayama prende parte con il suo solito sorriso.
Accetta la vita in quanto tale, una danza a cui vuole assolutamente partecipare. Ciò non implica ambire a vette irraggiungibili o prendere parte a qualunque esperienza possibile. Hirayama, come spiega alla nipote, è convinto che esistano più mondi: alcuni possono avvicinarsi, altri non si incontreranno mai.
In questo film vengono affrontate diverse tematiche, ma quella che appare più evidente, è la serenità con cui il vecchio addetto alle pulizie affronta ogni singolo giorno. È come se Hirayama avesse accettato la sua condizione di umano in quanto essere finito e proprio per questo motivo non ha intenzione di seguire le volontà di nessun altro. Il mondo va avanti, si evolve, ma lui resta fedele alle cassette, continua ad usare una piccola macchina fotografica analogica.
È una concezione di vita, in cui niente viene dato per scontato e tutto viene apprezzato.
La grazia con cui Wenders traspone i sogni del protagonista è sublime: le foto scattate durante la giornata si mischiano a nuvole di fumo che in un attimo svelano un’altra immagine, fino a confondere tutto un’altra volta.
Un film dove lo scambio di battute è ridotto, proprio perché grazie alla bellezza artistica delle immagini, la comunicazione avviene attraverso i colori, le luci, gli scatti.
Luca Baldi