Intelligenza artificiale, borsa e filosofia

Tra l’1 e l’8 agosto si è svolto alla Sapienza Università di Roma il Congresso Mondiale di Filosofia. A metà di questa importante incontro, esattamente il 5 agosto, la Borsa di Tokio ha avuto un improvviso tracollo del 12,4%, che poteva rapidamente propagarsi. C’è un nesso tra questi due eventi? Certamente non un nesso causale, ma uno tematico sì: quello dell’Intelligenza Artificiale, o Artificial Intelligence (AI). Il congresso filosofico ha visto la partecipazione di cinquemila studiosi provenienti da tutto il mondo, e di mille studenti di filosofia, liceali e universitari. Filosofia oltre i confini, il titolo dell’assise nel suo intento di aprirsi, superare i confini disciplinari, arrivare anche al grande pubblico. A quest’ultimo aspetto ha riservato tre serate nello scenario archeologico dello Stadio Palatino, vicino il Colosseo, curate da logisticamente da Zétema. Serate affollate, seguitissime. Al centro delle ultime due serate, ognuna con due relatori di livello internazionale, c’è stata l’Intelligenza Artificiale. Questo ci fa capire che proprio questo dell’AI è il vero oltre confine. Quanto meno il confine oggi più acutamente enigmatico.
 
Anche tra i tre principali fattori che hanno determinato la violenta caduta della Borsa di Tokio quello più oltre, più fuori i tradizionali confini dell’economia reale, c’è proprio l’AI. Gli altri due sono l’inaspettato stop alla speculazione che si fa da anni giocando sulla debolezza dello yen, e le ombre che pesano sull’occupazione Usa, quindi sui rischi di recessione nell’attuale atmosfera bellica. L’AI, però, ha rappresentato e continua a rappresentare il fattore più problematico, nonostante la successiva, anche se non totale, ripresa della Borsa di Tokio. Comincia a prendere sempre più consistenza la convinzione che quella dell’AI sia una bolla gonfiata artificialmente e che – esattamente per questo – è  prossima a implodere. A questo si aggiunge un’altra cruciale considerazione. Nonostante gli stratosferici livelli di capitalizzazione delle aziende hi-teck – che superano spesso il Pil di grandi Stati – poco viene rimesso in circolo nell’economia reale, ma quasi tutto è teso al massimo della profitto meramente finanziario. La californiana Nvidia, una delle aziende più all’avanguardia e più quotate sull’AI, ha un capitale di 2.664 miliardi e occupa soltanto 23.000 persone. Apple, con il record mondiale di 3.340 miliardi, 162.000. Meta, 1.225 miliardi, 70.000 dipendenti. Google, soltanto, ha un assetto economico più reale: 1.911 miliardi e 1.600 dipendenti.
 
Tra le aule della Sapienza di Roma e le mura dell’antico Stadio Platino si è discusso, con pareri anche molto contrastanti, se quella artificiale sarà un giorno superiore all’intelligenza umana che l’ha generata. Il professore Yuk Hui, dell’Università Erasmus di Rotterdam, ha sostenuto che la filosofia non può più essere la stessa dopo l’avvento dell’AI. Mentre Maurizio Ferraris, dell’Università di Torino, ha voluto risaltare che per quanto riguarda l’umano non è solo il cervello a contare, ma anche la pelle. Perché l’intelligenza umana si esplica anche attraverso essa, ossia il tatto, la sensibilità, il sentire, la percezione fisica, che ha sede, naturalmente, in tutto il nostro organismo. La superiorità dell’umano è in questo. A differenza di un ingranaggio digitale in grado di ingoiare e sintetizzare miliardi di tetra-byte, e dunque di rispondere meccanicamente solo su questa base e non su una scelta che è insieme creativa e morale. Quello che il filosofo e linguista americano Noam Chomsky chiama un mero softer da plagio, perché è addestrato, istruito sulla scorta di contenuti rubati, presi a concreti pensatori umani, spesso viventi, a loro insaputa e senza alcun diritto di royalty.
 
Nell’attesa di verificare se l’AI sarà in grado di auto perfezionare sé stessa in maniera così complessa da sfuggire al controllo umano, dobbiamo però fare fronte al suo già oggi problematico oltrepassamento dei confini. Quello che è accaduto alla Borsa di Tokio, infatti, può essere l’emblema di quello che sta avvenendo anche in altri campi. In quello militare, ad esempio. Dell’AI nelle armi, nei droni, nei sistemi di intelligence, nel senso di quello che una volta si chiamava romanticamente spionaggio alla 007. E in quello dell’ambiente naturale. Sorgono ormai interi villaggi fatti unicamente di costruzioni che contengono apparati informatici sempre più grandi. Non solo il consumo di energia è andato alle stelle, ma anche quello dell’acqua necessaria per i sistemi di raffreddamento, considerato l’alto livello di calore generato costantemente.
 
Forse già un’analisi filosofica sul perché si determinano e sul come si fronteggiano questi debordamenti intellettivamente artificiali, potrebbe segnare un punto decisivo a favore della nostra intelligenza naturale.
 
Riccardo Tavani

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