Trap, la trappola rovesciata del bene e del male
Un mega concerto di una diva dell’adolescenza yankee è in realtà un colossale meccanismo di security per catturare The Butcher, Il Macellaio, uno dei più spietati serial killer in circolazione a Filadelfia. Ha lasciato dietro di sé una scia impressionante di corpi seviziati, fatti a pezzi, maciullate. Anche intere famiglie bambini inclusi. Non si sa chi sia, non un nome, un volto, una voce intercettata: niente. Solo che è di un’intelligenza mostruosa nello sfuggire a ogni tipo di trappola. Questa volta, però, la polizia ha la certezza che lui in persona sarà presente al concerto. A dirigere l’impressionante sparpagliamento di polizia c’è la dottoressa Josephine Grant. È una acutissima ed esperta profiler, ossia capace di intuire e seguire profilo psicologico e comportamenti dei peggiori criminali.
Il concerto, molto bello, dall’inizio alla fine, e anche oltre la fine, è un continuo giro di vite suspense, tensione, morsa che si stringe attorno al Macellaio, con lui, però, che riesce sempre a sfuggire dalla presa finale delle ganasce. Ha veramente una mente rapida e funambolica. Alcune situazioni appariranno un po’ forzate, se non addirittura paradossali. E lo sono anche. Ma che importanza ha, se funzionano. Perché, non solo il racconto un grande meccanismo a trappola, ma anche il film è un grande ingranaggio spettacolare.
Il vero tema, inoltre, va ben al di là di quello che succede e di come succede. Il vero nocciolo è quello che Freud ha definito il perturbante. Ossia, proprio là dove ti senti più al sicuro, come tra le pareti di casa, con le persone che sono l’incarnazione e le garanti inscalfibili di tale sicurezza, là trovi il pericolo, la minaccia, il faccia a faccia con la tua fine. E da dove, invece, tutto ti aspetti meno che possa arrivare l’aiuto che ti salva, proprio da là scaturisce.
La figura emblema come quella di un pompiere può essere solo la maschera del peggior assassino. La polizia, con tutto la sua macchina operativo-repressiva e la sua alta intelligence, è totalmente incapace di metterci al sicuro da un solo, isolato criminale. Che succede in questa società, che – come il film ampiamente mostra – è anche, e soprattutto società dello spettacolo?
Dove può cercare rifugio una tenera adolescente che ha la sua adorata idola pop, un padre affettuoso che l’ha accompagnata al suo concerto, perché è brava a scuola? E una mamma, un fratellino che aspettano il suo ritorno nella graziosa villetta in cui vivono? Chi può inaspettatamente salvare quel perfetto quadretto familiare, quale emblema di tanti altri simili, se su di esso, su di essi incombe l’ombra del perturbante? Magari il regista, l’indiano M. Night Shyamalan, vuole in maniera discreta mostrarci che già un racconto, un film, o altro è una forma d’arte, che in quanto tale riesce a rimettere in forma, ridare un senso al perturbato caos epocale?
Riccardo Tavani