IL CLIMA E I FANATICI AMBIENTALISTI
L’ormai abituale alluvione di fine estate anche quest’anno è giunta puntuale, con il suo contorno di inutili polemiche. Inutili soprattutto perché la pretesa che in un anno si potesse mettere in sicurezza un territorio ampio e difficile come quello italiano, prevenendo frane ed esondazioni, prima di essere ingiusta è davvero stupida. Al netto della gaffe sulle inadempienze di una regione di fatto esautorata a favore del commissario di governo, le polemiche sanno più di demenza che non di sciacallaggio: gli sciacalli, in fondo, sono più svegli.
Dicevo inutili, perché alluvioni e siccità sono inevitabili, e una risposta efficace ai danni che comportano sarà possibile in un arco di tempo pluriennale: tra studio del territorio e delle molte variabili, progettazione ed attuazione, non puoi cavartela nel giro dei mesi che passano tra un’elezione e l’altra. Non si tratta di fare due o tre argini in cemento, come inutile e dannosa prassi del passato.
Il discorso è serio e non è compatibile con l’improvvisazione. Sulla salvaguardia del territorio servirebbe un programma di ampio respiro e un investimento nello stile “whatever ittakes”, che dovremo fare da soli (o quasi) perché gli eventi climatici estremi gravano maggiormente sul nostro Paese, con un costo economico doppio rispetto ai partner europei. Dovrebbe essere uno dei temi prioritari, e meriterebbe una tassa di scopo, magari non sui redditi da lavoro: sono certo che gli italiani (anche quelli più ricchi) capirebbero: si tratta del futuro, direi della sopravvivenza. Inoltre porterebbe lavoro a tutti i livelli, non solo operai, ma tecnici, ingegneri, agronomi, geologi; e lavoro stabile, perché non si tratta di un impegno una tantum, il territorio richiede sorveglianza, manutenzione, cure continue. Sarebbe davvero un investimento, visto che gli eventi climatici da soli costano svariati miliardi l’anno, tra danni alle case, alle strade, all’agricoltura e all’industria. Ma sono cifre che non sempre compaiono nel bilancio dello Stato, perché sono anche mancati introiti o spese a carico dei privati, che solo parzialmente lo Stato rifonde, quando li rifonde. E non si può rispondere al problema con un’assicurazione, obbligatoria o facoltativa che sia: questa sì, sarebbe una tassa impropria e ingiusta.
Ovviamente, non sarebbe male spingere sulle politiche “green”, anziché demonizzarle e accusarle di far danno all’economia. Forse sarebbe ora di capire che i danni provocati dalla crisi climatica sono ben superiori al costo delle politiche verdi, ed hanno il difetto di una sicura ed inarrestabile crescita, in mancanza di misure adeguate. Anzi, senza una efficace inversione di rotta non ci sarà più un’economia avanzata: il problema sarà presto come procurarsi il cibo, non che automobile comprare.
Ma questo non preoccupa il governo e, più in generale, i cosiddetti ”conservatori” di tutto il mondo. Anzi spero ancora di riuscire a capire che cosa vogliano conservare: forse la stupidità manifestata negli ultimi cinquant’anni?
Meglio “conservare” i motori diesel, diventare l’hub europeo del gas con il “piano Mattei” anche se il gas ha poco futuro, e via seguitando con queste amenità suicide?
Soprattutto, meglio inasprire le pene per chi manifesta per la difesa dell’ambiente: è evidente che il pericolo viene da loro.
Cesare Pirozzi