IL DILEMMA ETICO NELLA RACCOLTA DIFFERENZIATA LETTO ALLA LUCE DELLA MINDFULNESS

silviaIl triangolo relazionale cittadino-coscienza-società spesso non riesce a trovare il giusto equilibrio e la giusta modalità di interazione, purtroppo spesso ci si sente isolati e non realmente parte di una “comunità sociale” e si ha veramente bisogno di essere supportati da alcuni fattori importanti, ad esempio ci servono alcune motivazioni forti che ci spingano a sviluppare quel senso di cittadinanza attiva, necessaria a sentirsi integrati. Il cittadino modello, che vive questa sorta di dilemma etico, proprio per dare la possibilità alla coscienza personale di trasformarsi in coscienza comune, ha bisogno di essere accompagnato in una sorta di cammino morale che gli indichi la giusta strada da percorrere. Sembra incredibile ammetterlo, ma è possibile allenare la coscienza, è possibile imparare a discernere tra giusto e ingiusto ed è anche possibile sviluppare una reale consapevolezza della propria vita. Possiamo allenarci a recuperare una attenzione cosciente per coltivare e sviluppare una visione eco-etica, in modo che le nostre azioni seguano semplici regole utili al recupero del rapporto con noi stessi, con gli altri e con la natura che ci circonda. Allenare la coscienza in modo da compiere azioni con un occhio vigile alla responsabilità che ognuno di noi ha nei confronti del pianeta soprattutto per quel che riguarda alla riduzione dell’impatto ambientale, è possibile. Uno dei grandi dilemmi etici che viviamo in continuazione è quello di trovarci di fronte al cassonetto della carta o della plastica strapieni con la nostra bella busta di rifiuti accuratamente differenziati a casa. Cosa fare? Abbiamo diverse alternative: A) ripotarcelo a casa in attesa di trovare il cassonetto vuoto; B) fare qualche metro alla ricerca del prossimo cassonetto disponibile; C) lasciare la nostra bella busta a terra accanto al primo cassonetto, visto che tanto per esperienza sappiamo che troveremo stracolmi anche tutti gli altri nelle vicinanze, stramaledendo la società responsabile della raccolta dei rifiuti.

Spesso quindi, le nostre azioni non coincidono esattamente con la nostra volontà e la nostra volontà altrettanto spesso non coincide con la nostra coscienza, anzi alcune scelte evidenziano una buona parte di mancanza di consapevolezza nelle azioni compiute. La pratica della Mindfulness potrebbe essere utile alla formazione delle coscienze, potrebbe essere comunicata e diffusa soprattutto nel caso di cittadini restii a comprendere la reale gravità del problema e al tempo stesso la reale responsabilità delle nostre azioni e delle nostre scelte di vita. La Mindfulness chiama questo fenomeno dicotomico “pilota automatico”, in pratica, ci troviamo a compiere azioni prive di senso logico né tanto meno di etica, che a posteriori non riconosciamo come realmente pensate, volute e desiderate. Il “pilota automatico” è quella nostra capacità di eseguire delle azioni senza pensarci troppo, ad esempio quando si guida una automobile, non si sta continuamente a pensare alle singole azioni che stiamo compiendo: ora abbasso la frizione con il piede sinistro, adesso muovo la mano destra per inserire la marcia e nel contempo alzo lo sguardo verso lo specchietto retrovisore per vedere chi arriva alle mie spalle. In effetti tutte queste azioni vengono fatte automaticamente senza pensarci su, eseguiamo dei movimenti standardizzati, compiamo degli atti in maniera naturale senza che ci sia la piena consapevolezza del qui ed ora. Applicate ai casi di vita reale come nel caso del conferimento dei rifiuti da riciclare, e quindi della raccolta differenziata, si evince la mancanza di aderenza tra coscienza e azione, tra etica e morale, tra semplici regole di convivenza comune e norme di giustizia generale. John Kabat Zinn nella sua pratica di Mindfulness analizza, l’idea di “piena coscienza della mente”, sottolinea come ci sia la necessità di integrare la “modalità del fare” con la “modalità dell’essere”. In pratica, ci troviamo spesso a vivere un curioso contrasto interiore, seguendo modalità che non condividiamo pienamente e che trovano differenti motivazioni, spesso assurde, illogiche, fuori da ogni senso comune e fondamentalmente antitetiche. La maggior parte delle volte la modalità del fare non sempre rispecchia il nostro vero modo di essere, anzi spesso “si trasforma in un grande impedimento quando invece ci trasporta lontanissimi dal nostro essere o si trasforma in una via di fuga”. Le due modalità nella quotidianità della nostra vita, ci porteranno ad agire sotto la guida del pilota automatico invece di agire consapevolmente, vivendo dentro attività che svuotano le energie invece che trovare attività che le nutrono. Nel caso della raccolta differenziata, dai singoli individui vengono spesso portate motivazioni per giustificare una cattiva condotta, come se la modalità dell’essere, che spingerebbe ad avere dei principi come quelli della sostenibilità, del bene comune, della necessità di contribuire alla economia circolare per riutilizzare le scorie prodotte, passasse in secondo piano rispetto alla modalità del fare. Questa modalità sembrerebbe avere altri principi ispiratori, altre regole morali, in pratica non si ricorrerebbe più a motivazioni valide come quelle riguardanti la cura della casa comune e della corretta convivenza attraverso la partecipazione in prima persona nel decoro cittadino e nel rispetto dell’ambiente, bensì a motivazioni più soggettive, egoistiche, autoassolventi nel caso di inadempienza. La modalità del fare seguirebbe una strada più comoda, quella del disinteresse e dello scarso impegno nelle questioni riguardanti la cura e la tutela della terra, sotto ogni suo aspetto. Di seguito una lettura di questo fenomeno attraverso la pratica della Mindfulness:

La capacità di essere consapevoli è presente in ogni uno di noi. L’attenzione cosciente è il nostro stato naturale, lo dimostra il fatto che la maggior parte dei bambini vive nel presente, praticando la pratica della consapevolezza, e lo fa meglio e più facilmente degli adulti. Come tutte le abilità, l’attenzione cosciente, una volta recuperata, ha bisogno di essere coltivata e allenata, in maniera regolare, fino ad arrivare riappropriarci di ogni singolo istante della nostra vita, bello o brutto che sia. La maggior parte del tempo, sprechiamo una grande quantità di energia in maniera del tutto inconsapevole, a reagire automaticamente agli eventi esterni. Essere consapevoli, significa vedere con chiarezza ciò che cerchiamo, come viviamo, quindi focalizzare le nostre energie nella direzione più

opportuna e apportare i cambiamenti necessari che ci permettono di guarire e migliorare. All’interno di ognuno di noi, esiste uno spazio di profonda calma e di chiarezza. Questo luogo è sempre accessibile e presente, qualsiasi siano i problemi che si stanno vivendo.

Se la capacità di essere consapevoli delle nostre azioni è realmente presente in ognuno di noi, allora forse servirebbe soltanto una forma di allenamento per svilupparla al pari dei tanti muscoli che alleniamo in palestra per rimanere tonici e prestanti. Perché anche la buona coscienza non dovrebbe essere esposta proprio come un bel fisico da palestrato? Dal momento che anche la coscienza va formata e allenata continuamente, sarà importante cogliere quali modalità servono per comportarsi in maniera corretta, quali norme etiche serve evidenziare in modo che le scelte di vita siano conformi al raggiungimento del bene comune. Le norme in fondo sono semplici, le conosciamo bene tutti, anche se sono nascoste dentro le nostre coscienze, basta solo imparare a leggerle e a comportarci di conseguenza. Non è impossibile sviluppare una bella coscienza palestrata!

 Silvia Amadio

 

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