KING DONALD THE FIRST

Durante le elezioni americane, lo scorso novembre, chiacchieravo con mio figlio mentre ne seguivamo i risultati in televisione. Mi venne da dire una battuta, che ci trovò d’accordo: “dovremmo votare anche noi per le presidenziali USA, perché alla fine la loro politica ci riguarda da vicino”.

Ci riguarda dalla fine della seconda guerra mondiale, perché da allora è lì, in America, che si decide il nostro destino. D’altronde non si è autonomi, se si è protetti dal cosiddetto ”ombrello atomico” americano, e se nel nostro territorio ci sono importanti basi militari americane, senza le quali, si dice, saremmo stati in balia dell’impero sovietico. Siamo stati, invece, vassalli dell’impero americano, che forse è stato meglio sotto molti punti di vista, a parte i mai risolti sospetti di implicazione nella strategia della tensione, in alcune stragi e nel delitto Moro.

Ma, si sa, i vassalli non votano. Anzi, spesso anche le nostre elezioni sono state in qualche modo influenzate da oltre oceano.

Oggi le condizioni sono molto cambiate. Non c’è la minaccia sovietica, non c’è più la guerra fredda. Se mai, c’è la guerra calda, in Ucraina. Forse, l’invito (o il diktat) da parte americana a cavarcela da soli, di non contare più su alcun ombrello militare, è da considerare un’occasione, un’opportunità positiva. Perché non prendere la palla al balzo, fare una difesa comune europea e rinegoziare le loro basi militari? Anche se ci costa di più, in fondo, anche la libertà ha il suo prezzo e il suo inestimabile valore. Personalmente, sono anche disposto a pagare qualche tassa in più, in cambio di una patria europea più libera e autonoma. In cambio della potestà di mandare a quel paese il Presidente americano, se e quando se lo merita.

Peccato che non sia così semplice. Soprattutto perché un esercito europeo porta con sé una politica estera europea, un governo europeo coeso e unitario; in breve, un’Europa unita nel vero senso della parola.

E questo non a tutti piace, anche in Europa, ma soprattutto non piacerebbe a Trump. Mi sembra che un’Europa debole e disunita gli piaccia di più, per poter avere il più possibile mano libera nel gioco economico e geopolitico.

D’altronde una maggiore indipendenza dal “grande fratello” americano sembra oggi essere più importante, direi essenziale, proprio in considerazione dei comportamenti di Trump. In un recente intervento televisivo a “Otto e mezzo”, Lucio Caracciolo – persona sempre informata e prudente – ha definito l’azione di governo del Presidente americano un “golpe”, in continuità con quello fallito nel gennaio 2021 a Capitol Hill. Sono molti, infatti, i segnali preoccupanti. Cito, come esempio, i più pittoreschi, perché quelli più gravi li conoscete tutti.

L’account ufficiale della Casa Bianca ha postato la finta copertina di una rivista (che ricorda Time), con il ritratto di Trump che indossa una corona, con New York sullo sfondo. «IL CONGESTION PRICING È MORTO. Manhattan, e tutta New York, è SALVA. LUNGA VITA AL RE!», diceva il messaggio, per celebrare la cancellazione (da parte del governo federale) della tariffa giornaliera di 9$, istituita dal Comune, al fine di ridurre il traffico urbano e finanziare  l’ammodernamento del trasporto pubblico.

Sono state molte le proteste contro l’immagine di Trump con la corona e un sorriso trionfante, da parte di molte personalità politiche: gli USA sono sempre stati una repubblica, il partito di Trump si chiama Repubblicano, gli americani hanno combattuto contro un re inglese per liberarsene, ci rifiutiamo di genufletterci di fronte a qualunque re, eccetera eccetera. Ma dietro al clamore mediatico c’è l’intromissione, autoritaria quanto indebita, nella vita di una città; c’è la scelta non discussa né condivisa di favorire il traffico privato e creare una situazione molto ingarbugliata in una metropoli grande e attiva come New York. Quella corona non è un semplice gioco: è, purtroppo, molto significativa.

C’è poi il caso del licenziamento in tronco di 1.000 dipendenti del National Park Service e di 3.400 del Servizio Forestale federale. Che cosa ne sarà dei parchi naturali americani non è stato spiegato. Né si è pensato che mai come adesso, con la crisi climatica, la sorveglianza e la manutenzione dei boschi è di vitale importanza. Ma già! dimenticavo: la crisi climatica non esiste.

In precedenza, erano stati licenziati più di 300 dipendenti dell’Agenzia per la sicurezza nucleare (Nsa), l’agenzia che sorveglia armi e impianti atomici, salvo poi reintegrarli dopo essersi accorti della… svista.

Sembrano aneddoti folcloristici e un po’ buffi, invece sono un indice importante dell’autoritarismo associato a dabbenaggine, che sembra caratterizzare l’amministrazione Trump. C’è da temere per le iniziative sul piano della politica estera; forse saranno meno sprovvedute, visto che non sono affidate al vulcanico Musk, ma non è detto.

In ogni caso, si direbbe che gli USA si stiano avviando verso un regime pseudo-monarchico, con preoccupanti venature di oligarchia economica e simpatie nazi.  

Con buona pace dei sovranisti più o meno antieuropeisti, sarà bene tenersi stretta la nostra vecchia Europa, nonostante la sua incompiutezza: almeno ci dà un domani in cui sperare e per il quale lavorare.

Cesare Pirozzi