Migranti al confine, la morte dell’agente Turra
Tafferugli, cariche delle forze dell’ordine, migliaia di migranti in fuga e un agente di polizia morto per un infarto in seguito agli scontri. A Ventimiglia va in scena l’epilogo di una storia che ha visto il suo prologo nelle politiche scellerate dei governi occidentali in campo internazionale, il primo atto negli errori commessi in materia di accoglienza, e la continuazione del dramma nelle riprese TV di migliaia di disperati lanciati contro i cordoni delle forze dell’ordine sui confini nazionali, fino ad arrivare agli attacchi terroristici in tutto il medio oriente e in Europa.
Troppo facile oggi condannare gli atti dettati dalla rassegnazione e dallo sgomento di chi non ha più una casa, un lavoro, una famiglia, una patria. Semplicistico invece additare la morte di Diego Turra, poliziotto di origine calabrese, alla responsabilità dei manifestanti. Turra e’ morto nella serata del 6 agosto, dopo che alcuni “no borders” erano arrivati allo scontro con la Polizia. È stato colto da un arresto cardiaco, accasciandosi a terra davanti ai colleghi che erano con lui in servizio.
Una tragedia, senza dubbio, ma che va letta come una tragedia senza responsabilità di sorta e senza ricorrere a interpretazioni semplicistiche e tendenziose. Il mio pensiero va tanto alla famiglia del poliziotto, quanto alle anime di chi ha perso la vita nei viaggi della speranza del Mediterraneo e a chi vive in tenda da più di un anno lungo i confini nazionali. La speranza è che vengano adottate politiche ponderate, che mettano fine a queste infime condizioni di vita, da una parte, di lavoro, dall’altra.
di Giovanni Antonio Fois