Ennesima tragedia, ennesimo femminicidio

La violenza contro le donne da qualche tempo è sempre più al centro del dibattito pubblico. E il perché è presto detto: persino in un’epoca che si professa civilizzata come la nostra il fenomeno sta raggiungendo dimensioni che definire barbariche è poco. La modernità è arrivata quasi in tutto: nella tecnologia, nei trasporti, nelle comunicazioni, nell’alimentazione. Ma rapporti più civili tra i sessi sembrano essere ancora una conquista lontana.

Ogni due giorni una donna viene uccisa dal suo compagno. Bisogna sottolineare ulteriormente che le donne sono uccise principalmente da mariti, fidanzati, partner ed ex partner. La violenza contro le donne è colpa degli uomini: frustrazione, non realizzazione personale dell’uomo, insoddisfazione, il mancato riconoscimento dell’identità delle donne e del fatto che esse hanno al pari degli uomini, il diritto di realizzarsi e di decidere ciò che è meglio per loro stesse.

Molte credenze, molti pregiudizi, che hanno origine molto lontana, sussistono ancora oggi nell’immaginario collettivo. La discriminazione della donna è stata ed è ancora oggi uno dei fenomeni negativi che colpisce tutto il mondo. Il fenomeno della violenza maschile sulle donne è un argomento molto importante e delicato, erroneamente considerato, soprattutto dalle popolazioni occidentali, come lontano, come qualcosa che ormai non ci riguarda più. Basta prendere in considerazione la nostra terra, in Italia, infatti, fino a non molti anni fa, l’uomo che uccideva la moglie o la fidanzata per “gelosia” poteva contare su una attenuante giuridica: il movente “d’onore”, grazie alla quale se la cavava con pochi anni di prigione. Una vergogna che affonda le sue radici in un’eredità culturale arcaica e ancora attiva: la femmina come proprietà del maschio. Ancora oggi le stragi di violenza sulla donna vengono codificate dalla cronaca con le parole “omicidio passionale”, “d’amore”, “raptus”, “momento di gelosia”, quasi a testimoniare il bisogno di dare una giustificazione a qualcosa che è in realtà mostruoso.

Femminicidi, storie di donne vittime di maltrattamenti e violenza da parte degli uomini, storie terribili di violenza e morte, dove le vittime sono donne e i carnefici uomini: compagni, ex, persone di famiglia, che avrebbero dovuto amarle e proteggerle e che hanno invece infierito su di loro.

Ennesima tragedia, ennesimo femminicidio. È una delle tante storie. È la storia di Antonella Russo, una vita spezzata per vendetta, raccontiamola per portare un senso di riscatto e attenzione.

Stavolta ad Avola, in provincia di Siracusa. La vittima, Antonella Russo 48 anni faceva le pulizie in una clinica privata, il suo carnefice, il marito, Antonio Mensa di 55 anni, era un gommista. I due avevano tre figli, di 22, 18 e 4 anni. Proprio l’ultimo, il più piccolo si trovava in braccio alla madre quando la donna è stata affrontata dal marito armato.

Antonella Russo e Antonio Mensa non vivevano più insieme da qualche tempo, ma non erano ancora legalmente separati. Aveva denunciato il marito dal quale si stava separando. Sembra che la donna lo avesse denunciato per stalking, poi era andata a vivere dalla madre con i figli e, quella sera nell’agosto del 2013, aveva ricevuto una telefonata dal marito che le aveva chiesto di farsi trovare sotto l’abitazione della suocera con il figlio piccolo al quale voleva far fare una passeggiata. L’uomo si è presentato armato di fucile semiautomatico. L’arma, un fucile semiautomatico calibro 12 con la matricola cancellata e caricato a pallettoni. La vittima che si occupava delle pulizie in una clinica, era andata dai carabinieri per denunciare Antonio Mensa per stalking.

Ha avuto appena il tempo di lasciare il bambino che teneva in braccio, poi lui le ha sparato una fucilata con la quale l’ha uccisa sul colpo. Subito dopo l’uomo ha rivolto l’arma contro di sé e si è suicidato. Ennesima tragedia, ennesimo femminicidio. La vittima aveva in braccio il figlio di quattro anni che ha assistito al delitto. La donna, quando lo ha visto ha lasciato il piccolo che teneva in braccio. Il bimbo è fuggito nascondendosi dietro alcuni cespugli. È stato il bambino a dare l’allarme dopo che si era consumata la tragedia gridando: “Papà ha ucciso la mamma”.

Il corpo di Antonella Russo giaceva davanti all’uscio di casa. Antonio Mensa a questo punto ha rivolto l’arma su di sé e si è sparato uccidendosi. L’assassino si è sparato alla gola.

La donna aveva presentato la denuncia pochi giorni prima della tragica aggressione. La denuncia della Russo prima di morire ai militari di Avola, dopo l’ultimo episodio di minacce, dimostra che la vittima aveva capito ed era andata in caserma a mettere nero su bianco: il marito voleva ucciderla, andava fermato. Antonio Mensa, il gommista da cui voleva separarsi, l’uomo che prima l’ha uccisa e poi si è suicidato. La donna poteva essere salvata.

Quella storia d’amore si era subito rivelata un inferno. Continue minacce, percosse e maltrattamenti in famiglia, come racconta la donna nella denuncia. La denuncia appare adesso come un grido d’aiuto da parte della donna uccisa a 48 anni dal marito con una fucilata. Nel mese di febbraio 2013 aveva deciso, ormai stanca di minacce e violenza, di separarsi. Scelta che lui non ha mai accettato.

Antonella aveva cercato di fuggire dall’incubo di finire uccisa. Si era aggrappata con fiducia alle forze dell’ordine per vincere la persecuzione del marito violento. E ai carabinieri aveva chiesto aiuto per interrompere l’escalation di terrore. Invece, nulla. Eppure non aveva taciuto la sua paura, né il rischio che correva. Quindici giorni dopo è stata assassinata. Lui l’ha ammazzata.

Antonella Russo, l’ennesima vittima di femminicidio. Antonella Russo un’altra donna uccisa in Sicilia e fa parte di quelle donne vittime in Italia per omicidio.

Ennesima tragedia, ennesimo femminicidio.

di Maria De Laurentiis