Marx, ritratto dell’agit-filosofo da giovane

Il grande, terribile filosofo di Treviri è una new entry assoluta nel panorama del cinema internazionale. Tanto ha segnato la storia delle lotte sociali e del pensiero politico, economico, culturale e indirettamente persino dell’estetica artistica, compresa quella cinematografica, tanto proprio la settima arte lo ha sempre trascurato. A parte due non memorabili film d’Oltre Cortina di una sessantina d’anni fa e qualche citazione in pellicole qua e là, niente. Neanche Roberto Rossellini è riuscito a realizzare il progetto che pure aveva concepito su di lui. Ora questo film dell’haitiano Raoul Peck sembra voler rimediare a tale abissale lacuna della memoria in immaginedell’Occidente. I suoi intenti e i suoi sforzi sono stati dei migliori, ma a essi non ha corrisposto altrettanta fiducia dalla parte materiale– per dirla con Marx –, ossia economica della produzione. A una figura europea di così grande portata andava dedicata una pagina altrettanto vasta che investisse le migliori risorse – intellettuali e operative –nel campo del cinema continentale. Certamente, però, ora questo film ne ha aperto una possibilità concreta.

Così Peck ha dovuto concentrare i mezzi a disposizione nel rendere sinteticamente efficace l’arco temporale e tematico alla base della sua narrazione, senza potersi concedere altre divagazioni. Per questo già l’incipit del film è come un’overture d’opera che sintetizza due temi centrali del film: le condizioni di miseria e sottomissione del proletariato europeo, insieme a quelle intellettuali, politiche, esistenziali e parimenti indigenti del giovane Karl Marx, interpretato dal berlinese August Dihel. La sua grande ribellione speculativa è immediatamente umiliata dalle petecchie con cui venivano pagati i suoi fulminanti articoli e dall’essere ammanettato e sbattuto in galera proprio per quello che andava scrivendo e agitando tra i proletari tedeschi.  Siamo tra il 1844 e il 1848, e Marx ha già una figlia e una moglie, con la quale lo vediamo fare golosamente l’amore. La Jenny che altrettanto impazientemente se lo stringe tra le braccia e le cosce è interpretata da Vicky Krieps, sorprendente volto del recente Il filo nascosto. Mai ruolo forse si poteva più legare alle sue tradizione di famiglia, essendo la nipote di Robert Krieps, ex presidente del Partito Operaio Socialistae combattente di spicco nella resistenza lussemburghese.

Ambientato in Germania, Francia e Inghilterra e parlato da tutti i principali protagonisti nelle rispettive tre lingue, il film vuole restituirci un’altra decisiva temperie nella quale si è forgiata la teoria di Marx. È quella del pensiero, della propaganda, dell’agitazione politica da parte di pensatori, correnti, organizzazioni anarchiche e socialiste di tipo utopico, social-umanitarie, messianico-comuniste. L’incontro dei i due venticinquenni Friedrich Engels e Karl Marx è decisivo per entrambi proprio per gettare le basi teoriche di una visione storico-materialista che andasse oltre il turbine sì potente di quelle dottrine ma del tutto incapace di scorgere la vera dialettica delle forze sociali in conflitto. Nel film le figure salienti di queste correnti sono incarnate in quella anarchica di Pierre Proudhon e in quella biblico-comunista di Wilhelm Weitling. Attraverso il confronto con questi alleati politici ma avversari teorici, il film fa emergere un altro aspetto esistenziale del giovane, prestigioso allievo del grande Hegel e ora rivoluzionario filosofo agit-prop. Quello della cifra sarcastica, tagliente, spietata persino nei confronti degli amici-antagonisti, figuriamoci dei i nemici tout-court.

Il racconto arriva fino alla stesura da parte dei due giovani pensatori rivoluzionari del Manifesto del Partito Comunista, compito che gli era stato assegnato a Londra nel 1847 proprio dal secondo Congresso di quella Lega dei Comunistiin cui loro erano riusciti mutare la precedente Lega dei Giusti. Da Tutti gli uomini sono fratellia Proletari di tutti i paesi, unitevi. Non erano neanche trentenni e quel libriccinofece il giro del mondo e lo sconvolse.

 

di Riccardo Tavani